Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9323 del 2024, ha affrontato una questione riguardante la tutela del diritto al trasporto scolastico gratuito per alunni disabili, esaminando sia la disciplina processuale relativa alla translatio iudicii sia il rapporto tra diritti fondamentali e obblighi tributari. Nel caso in esame, un alunno disabile richiedeva il pagamento delle somme necessarie per il servizio di trasporto scolastico, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera c) del codice del processo amministrativo. La riassunzione del giudizio, dopo il passaggio alla giurisdizione amministrativa, è stata ritenuta legittima senza necessità di adattamenti significativi della domanda iniziale, in linea con il principio che mira a preservare gli effetti processuali e sostanziali delle domande originarie. Tale approccio esclude la possibilità di decadenze che potrebbero pregiudicare la tutela di diritti soggettivi, soprattutto quando attengono a diritti fondamentali.
Quanto al merito, il Collegio ha chiarito che il diritto al trasporto scolastico per alunni disabili, in quanto diritto fondamentale, non può essere condizionato dalla compensazione con debiti tributari, come quelli derivanti da morosità di familiari del beneficiario. La decisione ribadisce che il carattere finanziariamente condizionato dei diritti fondamentali non può essere utilizzato per giustificare scelte che ne mortificano l’esercizio, in assenza di una causa superiore di interesse pubblico. Lo Stato sociale di diritto deve garantire la tutela delle categorie più vulnerabili, privilegiando criteri solidaristici e assicurando la piena effettività dei diritti fondamentali anche in contesti di difficoltà economica. Questa pronuncia si colloca nel solco di una consolidata giurisprudenza che enfatizza la centralità del principio di eguaglianza sostanziale nella protezione dei soggetti più fragili.
Pubblicato il 20/11/2024
- 09323/2024REG.PROV.COLL.
- 07865/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7865 del 2024, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesco Nucara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
contro
Comune di Reggio Calabria, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Reggio Calabria alla via S. Anna II Tronco, Palazzo CE.DIR., presso l’Avvocatura civica, rappresentato e difeso dall’Avvocato Alberto Brugnano, in virtù di procura alle liti redatta su foglio separato ed allegata alla memoria di costituzione, il quale dichiara ai fini del presente procedimento i seguenti recapiti: 0965/3622580 e indirizzo di posta elettronica certificata: alberto.brugnano@avvocatirc.legalmail.it
per la riforma
della sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, resa tra le parti, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per il contributo inerente al trasporto degli allievi con disabilità.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2024 il Consigliere Massimiliano Noccelli;
viste le conclusioni della parte appellante come da verbale;
visto l’atto di costituzione del Comune successivamente alla chiusura dell’udienza camerale;
sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- Con il ricorso depositato il 30 maggio 2022 la sig.ra -OMISSIS-, odierna appellante, ha adito il giudice del lavoro del Tribunale di Reggio Calabria per rivendicare il pagamento da parte dell’amministrazione comunale della medesima città, odierna appellata non costituita, del contributo economico riconosciutole per il servizio di trasporto scolastico del proprio figlio minore, in quanto affetto da disabilità.
1.1. Più nel dettaglio ella nel ricorso ha esposto:
- a) di essere madre di un minore con disabilità certificata ai sensi della l. n. 104 del 1992, frequentante nell’anno scolastico di interesse (2018) la scuola media statale “-OMISSIS-” in località -OMISSIS-;
- b) di aver presentato in data 28 settembre 2018 domanda per usufruire del “servizio di trasporto disabili” messo a disposizione dall’amministrazione comunale e offerto in via indiretta tramite erogazione di un assegno mensile;
- c) che la domanda veniva accolta con l’assegnazione della somma di € 1.386,00;
- d) che, tuttavia, successivamente il Comune ha negato il pagamento opponendo l’esistenza di un debito per imposte locali del coniuge convivente.
1.2. Su queste premesse fattuali ella ha rivendicato, dunque, la spettanza dell’elargizione economica in considerazione della natura incondizionata del diritto al trasporto gratuito per gli studenti con disabilità, ai sensi dell’art. 28, comma primo, lett. a), della l. n. 118 del 1971, e ha convenuto innanzi al giudice del lavoro territorialmente competente il Comune di Reggio Calabria chiedendone la condanna «[…] al pagamento di € 1.386 importo stabilito con determina n° -OMISSIS- del -OMISSIS- a titolo di assegno per il trasporto a beneficio del figlio con disabilità […] per il sostegno al trasporto scolastico del figlio con disabilità».
1.3. Il Comune intimato si è costituito ritualmente in giudizio eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e contestando, nel merito, in fatto e in diritto le richieste avversarie.
1.4. Con la sentenza del -OMISSIS- il giudice adito, ricondotta preliminarmente la controversia alla materia del «servizio di trasporto pubblico con finalità di assistenza al diritto all’istruzione scolastica e modalità di erogazione di detto servizio» e richiamati i principi affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 26556/2021, ha declinato la propria giurisdizione sul rilievo della riconducibilità della pretesa azionata all’alveo delle prestazioni di pubblico servizio non collegate a contratti individuali di utenza, con conseguente sussunzione nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c) c.p.a.
- La domanda è stata, dunque, riassunta dalla ricorrente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria (di qui in avanti per brevità il Tribunale) con il ricorso notificato e depositato il 18 settembre 2023, replicante in modo testuale il contenuto dell’originaria impugnativa proposta dinanzi al giudice del lavoro, anche con riferimento alle conclusioni, così testualmente rassegnate: «Condannare il Comune di Reggio Calabria al pagamento di € 1.386 importo stabilito con determina n° -OMISSIS- del -OMISSIS- a titolo di assegno per il trasporto a beneficio del figlio con disabilità in favore della ricorrente per il sostegno al trasporto scolastico del figlio con disabilità. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio oltre IVA, CPA e 15% da liquidassi a favore dello Stato».
2.1. Il Comune intimato ha resistito al ricorso con la memoria depositata il 12 ottobre 2023, eccependone preliminarmente l’inammissibilità e l’improcedibilità per la dedotta violazione degli artt. 40 e 44 c.p.a. in relazione a molteplici profili, tenuto conto, in particolare, che la ricorrente:
1) non avrebbe impugnato nessun provvedimento di diniego o ostativo alla corresponsione delle somme di cui chiede il pagamento, tacciato di illegittimità;
2) non avrebbe delineato profili di illegittimità riconducibili a singoli atti o procedimenti amministrativi impugnandone il silenzio inadempimento dell’ente;
3) non avrebbe indicato la data di notificazione o di conoscenza del provvedimento o comportamento che ritiene illegittimo;
4) non avrebbe indicato “i motivi specifici” cui si fonda il ricorso;
5) non ha indicato in modo pertinente e riconducibile ad uno dei tipici paradigmi del codice di rito le conclusioni rassegnate, limitandosi a chiedere la condanna dell’amministrazione ad un facere.
2.2. Secondo l’avvocatura civica, la ricorrente avrebbe, in definitiva, manifestamente disatteso la regola secondo cui, in tema di translatio iudicii, ove come nella presente vicenda la giurisdizione non abbia le medesime caratteristiche di quella declinata, stante il passaggio da un processo esclusivamente di cognizione ad un processo impugnatorio, il petitum dovrebbe necessariamente essere adattato alle regole della nuova giurisdizione, con la conseguente necessità di una riproposizione della domanda, non potendo l’atto di prosecuzione esaurirsi in una mera riassunzione.
2.3. Proprio in considerazione della diversa natura del processo amministrativo e delle domande ivi proponibili, ella avrebbe, dunque, dovuto chiedere l’annullamento di un atto o del silenzio-inadempimento serbato dall’amministrazione, non potendo, invece, limitarsi a reiterare sic et simpliciter la domanda di condanna della stessa al pagamento di una somma di denaro, peraltro in assenza di una prodromica domanda volta all’accertamento della condotta asseritamente illecita dalla stessa tenuta, sicché, in conclusione, la domanda così come proposta sarebbe affetta da genericità e, quindi, inammissibile.
2.4. Il ricorso inoltre, sia ad intenderlo come volto all’annullamento di un provvedimento reiettivo (che tuttavia, per quanto detto, sarebbe certamente mancante) sia a considerarlo come diretto a censurare il silenzio dell’ente sull’istanza per la liquidazione della somma richiesta, sarebbe comunque inammissibile anche sotto il profilo della tempestività, risultando proposto oltre la scadenza dei termini decadenziali prescritti per le due azioni de quibus.
2.5. Ad ogni modo, poi, la domanda della ricorrente risulterebbe palesemente infondata nel merito, non avendo l’ufficio procedente dato corso al pagamento dell’assegno in ragione del debito accertato a carico del coniuge convivente dell’istante verso l’amministrazione comunale per imposte locali non versate, per un ammontare superiore a dieci mila euro.
2.6. Di tale ragione ostativa, così come dell’altra riveniente dall’omessa marcatura nella domanda del campo riguardante la condizione della distanza dell’istituto scolastico dalla residenza del minore, peraltro, la ricorrente sarebbe stata resa adeguatamente edotta con nota del -OMISSIS-, trasmessale in riscontro all’istanza d’accesso inoltrata dal suo difensore il -OMISSIS-, con la quale veniva, per l’appunto, invitata a regolarizzare nel più breve tempo possibile la suddetta posizione debitoria o a contattare l’ufficio ove in possesso di titoli comprovanti l’inesistenza del debito.
2.8. All’udienza in camera di consiglio del 18 ottobre 2023 la ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla domanda cautelare e la causa è stata pertanto cancellata dal ruolo degli affari camerali.
2.9. La causa è stata, infine, discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 21 febbraio 2024.
- Infine, con la sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, il Tribunale ha accolto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per genericità della domanda, sollevata dall’avvocatura civica.
3.1. In via preliminare il primo giudice ha rilevato che non risultano versati al fascicolo processuale gli unici due atti adottati dall’amministrazione comunale nell’ambito del procedimento avviato a seguito dell’istanza della ricorrente (presentata il 28 settembre 2018) volta all’ottenimento dell’“assegno di servizio trasporto per soggetti disabili frequentanti le scuole primarie e secondarie di I grado per l’anno 2018” di cui all’avviso del 23.07.2018.
3.2. Negli scritti difensivi di entrambe le parti risultano, infatti, menzionate la determina n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, a mezzo della quale il minore veniva inserito nell’elenco dei beneficiari dell’assegno de quo in quanto in possesso dei requisiti previsti dall’art. 4 dell’avviso pubblico del 24 luglio .2018, e la determina n. -OMISSIS-, con la quale l’ufficio liquidava i beneficiari aventi diritto al contributo, indicati nell’elenco allegato alla stessa, per l’importo riportato a fianco di ciascun nominativo, quantificando la somma spettante al figlio della ricorrente in € 1.386,00.
3.3. Di quest’ultimo atto si ha parziale traccia nella documentazione prodotta da entrambe le parti, essendovi nel fascicolo lo stralcio dell’allegato alla delibera con l’elenco dei beneficiari (oscurati) tra i quali compare appunto il nominativo del figlio della ricorrente con a fianco l’indicazione dell’importo spettante a seguito della ripartizione delle risorse tra gli aventi diritto.
3.4. La prima delibera, al contrario, non è stata depositata.
3.5. Ciò nondimeno, non essendovi contrasto nelle prospettazioni delle parti circa il contenuto dei due atti de quibus nonché in ordine all’effettiva sussistenza delle ragioni ostative opposte dal Comune al pagamento della somma liquidata, il Collegio di primo grado ha reputato che non fosse necessario disporne l’acquisizione ai fini della decisione, risultando, per quanto già segnalato, l’esame del merito della controversia inibito dal preliminare rilievo, stimolato dall’eccezione di parte, di inammissibilità del ricorso per genericità della domanda.
3.6. Secondo il primo giudice, nel ricorso – meramente trasposto dalla sede ordinaria a quella amministrativa – la ricorrente, per come già rilevato, si è limitata a chiedere la condanna dell’ente al pagamento di una somma di denaro ritenuta dovuta in forza di una disposizione di legge, così mostrando di ricondurre idealmente l’iniziativa intrapresa nell’alveo concettuale dell’azione di adempimento o, più specificamente, di quella di condanna al pagamento di una somma di denaro e non già in quello, affatto diverso, dell’azione risarcitoria di cui all’art. 30 c.p.a., non avendone in alcun modo enunciato i relativi presupposti.
3.7. Da ciò, allora, non potrebbe che conseguire l’inammissibilità del ricorso, in quanto la genericità della domanda incide sulla regolare instaurazione del contraddittorio, pregiudicando il pieno esercizio del diritto di difesa dell’amministrazione resistente.
3.8. Sul punto il Tribunale ha ribadito che la ricorrente non ha espressamente impugnato alcun atto del procedimento amministrativo avviato dall’ente a seguito dell’istanza dalla medesima presentata il 28 settembre 2018 per l’attribuzione del contributo di cui trattasi, né tanto meno ha censurato un ipotetico silenzio dell’amministrazione comunale nella relativa definizione o ha domandato l’accertamento del diritto, limitandosi, invece, a chiedere la condanna dell’amministrazione alla corresponsione della somma che le sarebbe stata in prima battuta riconosciuta a seguito della preliminare verifica in ordine alla sussistenza delle prescritte condizioni.
3.9. Le ragioni ostative, accertate dall’amministrazione in fase di erogazione della sovvenzione, non sarebbero state, invece, aggredite da specifiche censure, mancando d’altronde un provvedimento espresso di rigetto dell’istanza, essendole state, infatti, comunicate solo in seno ad una nota di riscontro all’istanza ostensiva presentata dal suo difensore, come tale certamente sprovvista di valore provvedimentale.
- Per queste ragioni, dunque, il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto o, per meglio dire, riproposto in primo grado.
- Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessata, lamentandone l’erroneità per le ragioni che di seguito saranno esaminate, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente accoglimento della domanda proposta avanti al Tribunale.
5.1. Nella camera di consiglio del 12 novembre 2024, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante, il Collegio, dopo avere dato avviso della possibilità di definire il contenzioso, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., con sentenza in forma semplificata, ha trattenuto la causa in decisione.
5.2. Soltanto una volta conclusa l’udienza camerale, il Comune appellato ha depositato la propria memoria di costituzione.
- L’appello è fondato.
6.1. In via preliminare si deve rilevare che l’assenza delle parti all’udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensione proposta ai sensi dell’art. 98 c.p.a., non è preclusiva alla definizione del giudizio in forma semplificata, come questo Consiglio di Stato ha più volte chiarito nella propria giurisprudenza (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045), dato che il rito previsto dall’art. 60 c.p.a. non ha natura consensuale (Cons. St., sez. V, 15 gennaio 2018, n. 178) e nemmeno la mancata comparizione delle parti costituite all’udienza cautelare può impedire al Collegio di trattenere la causa in decisione per emettere sentenza in forma semplificata (Cons. St., sez. III, 7 luglio 2014, n. 3453) in vista di una sollecita definizione del giudizio, rispondente all’indisponibile principio della effettività della tutela giurisdizionale.
- Ciò premesso, e venendo all’esame del merito, con le proprie argomentazioni difensive l’odierna appellante lamenta che erroneamente la sentenza impugnata abbia ritenuto inammissibile il ricorso senza considerare che avanti al giudice del lavoro era stata richiesta una sentenza di condanna e, in sede di prosecuzione del giudizio avanti al giudice amministrativo, è stata riformulata identica domanda.
7.1. Peraltro nel caso di specie la tutela richiesta dalla odierna appellante si radicherebbe su un terreno “ancora più fertile” ai fini della valida trattazione nel merito e, quindi, dell’accertamento del rapporto, in quanto – come determinato incontestabilmente dal giudice del lavoro – le vicende connesse all’organizzazione del servizio di trasporto per allievi con disabilità attengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
7.2. Tale osservazione sarebbe fondamentale per significare ulteriormente la grave illegittimità della sentenza impugnata.
7.3. Con essa il Tribunale avrebbe affermato di non potere trattare la questione non essendo stato chiarito quale fosse la situazione giuridica prospettata come lesa.
7.4. Ma questo argomento dimenticherebbe che la giurisdizione esclusiva comporta un sindacato del giudice amministrativo capace di penetrare il merito e quindi accertare i fatti del rapporto e peraltro, ove si ritenesse comunque la necessità di qualificare la posizione soggettiva come interesse legittimo (come in effetti ha statuito il giudice del lavoro), certamente l’appellante non è incorsa nella decadenza di cui al comma 3 dell’art. 30 c.p.a.
7.5. A tal proposito, è lo stesso Tribunale ad affermare che non vi era alcun provvedimento da impugnare in quanto la nota richiamata non assurge ad atto provvedimentale.
7.6. A questo punto potrebbe invocarsi proprio il comma 4 dello stesso articolo in cui si statuisce che «per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l’inadempimento».
7.7. Dunque, il rimprovero mosso dal primo giudice nei confronti della odierna appellante di non aver proceduto ad una impugnazione (o alla costituzione del silenzio inadempimento) è del tutto fallace in quanto in tema di giurisdizione esclusiva l’azione di condanna può essere proposta in via autonoma.
7.8. Sarebbe pertanto legittimo ritenere che la domanda proposta in riassunzione della odierna appellante abbia tutti i parametri di cui all’art. 30 c.p.a., essendo tesa ad ottenere la somma di denaro a titolo di risarcimento per inadempimento violativo dell’impegno di spesa a cui l’amministrazione comunale si era esplicitamente vincolata.
- Il motivo è fondato per le ragioni che seguono.
8.1. Invero, come bene ricorda l’appellante, per costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in sede di translatio iudicii l’atto che determina la prosecuzione del giudizio va diversamente regolato a seconda che debba essere proposto avanti a un giudice la cui giurisdizione avvia o meno le caratteristiche della prima e pertanto, ove si passi da un giudizio di tipo prevalentemente impugnatorio a un giudizio sul rapporto, l’atto di prosecuzione deve avere la forma di riproposizione della domanda, stante il necessario adattamento del petitum, mentre, laddove il giudizio prosegua avanti a una giurisdizione che ha le medesime caratteristiche, l’atto di prosecuzione assume la forma di un atto di riassunzione (Cons. St., sez. V, 3 aprile 2024, n. 3425, ma v. anche Cons. St., sez. IV, 18 dicembre 2023, n. 10978).
8.2. In altri termini, l’unicità del giudizio, dal quale discende la salvezza degli effetti della domanda originaria, in precedenza riconosciuta anche dall’art. 59 della l. n. 69 del 2009, sussiste anche qualora la domanda non venga riassunta, bensì riproposta, con le modifiche rese necessarie dalla diversità di rito e di potere delle due giurisdizioni di merito.
8.3. Ma, nel caso di specie, la riassunzione della domanda di condanna in sede di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v. Cass., Sez. Un., 9 febbraio 2009, n. 3058), non richiedeva al ricorrente particolari forme di adattamento, essendo evidente, sia dal petitum che dalla causa petendi, il bene della vita a cui aspirava con la propria richiesta di condanna al pagamento della somma richiesta.
8.4. Va soggiunto, in linea con la più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che la situazione giuridica soggettiva da riconoscere in capo allo studente disabile è di diritto soggettivo fondamentale e ciò non contrasta, come è noto, con il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (v., in particolare, Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2018, n. 809, che richiama la pronuncia di questo Cons. St., Ad. plen., 12 aprile 2016, n. 7), come meglio si dirà in seguito (v., infra, § 12.-12.1.).
8.5. Nel caso di specie, infatti, la materia rientra nella previsione dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. e precisamente nella parte in cui riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici le controversie relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio di un procedimento amministrativo, trattandosi di servizio pubblico di trasporto locale a supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni portatori di handicap o in situazione di svantaggio.
8.6. E questo stesso Consiglio di Stato, in modo altrettanto chiaro, ha pure precisato che «pur sussistendo la discrezionalità amministrativa, preordinata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione competente, delle modalità di espletamento e di gestione del servizio, non è corretta la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la possibilità di condanna all’adempimento dell’obbligo di provvedere al soddisfacimento della pretesa» (Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2018, n. 809).
- Ebbene, nel caso di specie, non vi è dubbio che il presente giudizio sia stato riassunto avanti al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva per ottenere la condanna del Comune al pagamento dell’assegno per il trasporto, sostitutivo del servizio di trasporto scolastico che, ai sensi dell’art. 28, comma primo, lett. a), della l. n. 118 del 1971, è e deve essere gratuito.
9.1. Come è noto, il giudizio amministrativo, non solo in sede di giurisdizione esclusiva, ma anche in sede di legittimità, conosce di una pluralità di domande.
9.2. Tra queste, oltre all’azione di annullamento e all’azione di nullità, vi è anche l’azione di condanna al pagamento di una somma di denaro, benché sia appena il caso di rammentare che, ovviamente, tutte queste azioni non sono e non possono in nessun modo considerarsi tra di loro interscambiabili od omologhe.
9.3. Pertanto, come costantemente afferma la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, a fronte di una richiesta di annullamento di un atto amministrativo che neghi il riconoscimento di somme di denaro a favore del ricorrente, questi non potrà esigere una pronuncia di condanna dell’amministrazione al pagamento delle stesse, se non l’abbia introdotta ritualmente con l’atto introduttivo del giudizio.
9.4. Nel giudizio amministrativo, infatti, non spetta al giudice sulla scorta della mera allegazione dei fatti assegnare al ricorrente la massima utilità ritraibile, se quest’ultimo non abbia articolato in pari termini apposita domanda giurisdizionale.
9.5. Una diversa conclusione risulterebbe contraria al principio della domanda, attribuendo al giudice un potere ufficioso non previsto da alcuna norma dell’ordinamento che verrebbe ad alterare la nozione stessa di giurisdizione di diritto soggettivo, che caratterizza il giudizio amministrativo (Cons. St., sez. V, 25 settembre 2014, n. 4827).
- Ma, nel caso di specie, l’odierna appellante non ha violato tale principio, posto che ella ha appunto riassunto dopo la sentenza declinatoria della giurisdizione da parte del g.o. la propria azione condannatoria, in sede di giurisdizione esclusiva, volta ad ottenere la corresponsione del citato assegno, rimanendo irrilevanti, a tal fine, le deduzioni dell’odierna appellante in ordine all’eventuale inquadramento risarcitorio di tale condanna, essendo indubbio che ella abbia voluto reintrodurre anzitutto se non soprattutto, in sede di giurisdizione esclusiva, una domanda di condanna c.d. pura al pagamento di una somma.
10.1. L’interpretazione seguita dal primo giudice, nel dichiarare inammissibile tale domanda, contrasta dunque con tutti i principi vigenti in materia di riassunzione o riproposizione della domanda dopo la sentenza declinatoria dalla giurisdizione ai sensi dell’art. 11 c.p.a.
10.2. Essa trascura, invero, il consolidato principio – invalso dopo la ben nota sentenza n. 77 del 2007 della Corte costituzionale – secondo cui la definizione di un adeguato sistema di tutela processuale impone di salvaguardare gli effetti sostanziali e processuali della domanda inizialmente proposta e di consentire una adeguata riproposizione del giudizio secondo le forme e i modelli processuali propri del giudice ad quem, senza che una siffatta parziale, quanto necessaria, rimodulazione possa tradursi in danno delle parte attrice (v., sul punto, Cons. St., sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1781).
- Di qui, per le ragioni esposte, l’ammissibilità della domanda di condanna, diversamente da quanto ha ritenuto la sentenza qui impugnata, che merita riforma.
11.1. Tale domanda, peraltro, è fondata anche nel merito perché le ragioni addotte dall’amministrazione comunale negli atti sopra menzionati, che non hanno natura provvedimentale, per rifiutare il pagamento, attinenti al mancato pagamento di alcune imposte comunali da parte del padre – o, comunque, del soggetto convivente con la madre – del minore, non possono essere ex se preclusive al riconoscimento dell’assegno per il trasporto dell’allievo disabile, sostitutivo, occorre qui ricordarlo, del servizio di trasporto gratuito che per legge gli spetta, rappresentandone l’equivalente monetario.
11.2. Non è possibile infatti eccepire in compensazione, a fronte di un credito vantato dall’avente diritto per consentire l’esercizio di un diritto fondamentale come quello inerente al trasporto scolastico dell’allievo disabile, l’esistenza di un debito da parte di questi o, come nel caso di specie, di un suo parente per cause del tutto estranee all’esercizio del diritto, in quanto il doveroso bilanciamento tra i due valori in gioco esige che il Comune, una volta riconosciuti come nel caso di specie, i presupposti per l’attribuzione dell’assegno, eroghi la somma per consentire alla famiglia di poter garantire al minore disabile il trasporto scolastico, si ripete, gratuito ex lege, essendo evidente che, se dovesse operare l’eccezione di compensazione, il diritto del minore all’istruzione, per mezzo del necessario trasporto sino a scuola, sarebbe paralizzato finché, in ipotesi, il debitore – in questo caso, peraltro, un soggetto terzo – non paghi il proprio debito nei confronti dell’amministrazione.
11.3. Ma in questo modo la soddisfazione del diritto fondamentale sarebbe sempre e comunque subordinata alle ragioni economiche, più o meno fondate, dell’ente pubblico creditore che, in questo modo, potrebbe esigere in via anticipata il pagamento del proprio credito rendendo impossibile, in una posizione di supremazia organizzativa, l’esercizio del diritto fondamentale da parte del cittadino.
11.4. Questa conclusione è evidentemente contraria al rango superiore che, nella gerarchia dei valori costituzionali, deve riconoscersi al diritto fondamentale del cui esercizio qui si controverte, come si evince del resto chiaramente sul piano sistematico, del resto, dall’art. 55, comma 2, c.p.a., secondo cui «la concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale».
11.5. La norma processuale è espressione di un più generale principio, secondo cui l’esercizio del diritto fondamentale non può essere subordinato alla sola esistenza di ragioni di ordine finanziario, giacché esso possiede, per usare una metafora ben nota, un nocciolo duro, incomprimibile da ogni ragione, necessariamente recessiva, di ordine economico.
11.6. Questo Collegio è ben consapevole che secondo un orientamento l’esercizio dei diritti fondamentali deve misurarsi, se non addirittura cedere in presenza della limitatezza delle risorse finanziarie degli enti pubblici (v., di recente, Cons. St., sez. III, 12 agosto 2024, n. 7089), ma ritiene preferibile aderire a quelle tesi secondo cui uno Stato sociale di diritto, a fronte del “grido di dolore” (così, ad esempio e testualmente, Cons. St., sez. III, 10 giugno 2016, n. 2501), proveniente da moltissime situazioni concrete, deve assicurare le esigenze dei soggetti più bisognosi e, a parità di bisogno, di quelli meno abbienti, in quanto la teorica dei diritti fondamentali finanziariamente condizionati non può legittimare la mortificazione dei diritti fondamentali senza che la scelta dell’ente e, persino, del legislatore sia sorretta da una valida e superiore causa di giustificazione, attinente alla tutela del bene comune per finalità solidaristiche.
11.7. Quest’ultimo orientamento è stato fatto proprio da quella condivisibile giurisprudenza che ha affermato il dovere delle competenti amministrazioni di porre in essere ogni adempimento per attribuire agli alunni disabili i diritti riconosciuti dal legislatore in modo che gli alunni e le loro famiglie non debbano proporre ricorsi giurisdizionali per ottenere ciò che è loro dovuto (Cons. St., sez. III, 6 dicembre 2023, n. 10560, Cons. St., sez. VI, 10 luglio 2017, n. 3393, Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2017, n. 2023, Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 7049) e, applicando tali principi al caso di specie, ne deriva che l’esistenza di un debito per imposte comunali non può evidentemente, e in assenza di ben più solide motivazioni, paralizzare l’esercizio del diritto fondamentale.
11.8. Come ha osservato la Corte costituzionale proprio con riferimento al trasporto dei disabili, infatti, l’effettività del diritto al trasporto dell’alunno disabile «il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost.[…] e la natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati, tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l’effettività del medesimo diritto», con la conseguenza che «tale effettività non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto, nel quadro dei compositi rapporti amministrativi e finanziari degli enti territoriali coinvolti» (Corte cost., 16 dicembre 2016, n. 275).
- Discende dalle ragioni sin qui in sintesi esposte che la domanda di condanna, ritualmente (ri)proposta dall’odierna appellante, debba trovare accoglimento avanti al giudice amministrativo che, come noto, è in grado di assicurare una pienezza ed effettività di tutela giurisdizionale ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa (v., per tutti, Corte cost., 27 aprile 2007, n. 140) e, nel caso di specie, mediante l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento di una somma pecuniaria.
12.1. Va ricordato, infatti, che, se è pur vero, in linea con le ragioni storiche all’origine della configurazione della giurisdizione esclusiva, che è normalmente necessaria la sussistenza di un intreccio di posizioni giuridiche nell’ambito del quale risulti difficile individuare i connotati identificativi delle singole situazioni soggettive, non può escludersi che la cognizione del giudice amministrativo possa avere ad oggetto, come ha chiarito la Corte costituzionale, «anche soltanto diritti soggettivi» (v., sul punto, Corte cost., 5 febbraio 2010, n. 35), quando, come nel caso di specie, si sia al cospetto di una potestà organizzativa, in capo all’ente comunale, tanto forte ed incisiva, capace di “conformare” al punto tale l’esercizio del diritto fondamentale da renderlo attuabile o, al contrario, da mortificarlo interamente.
12.2. Non è superfluo nemmeno rammentare del resto, quanto alla disposizione dell’art. 28 della l. n. 118 del 1971 relativa al trasporto scolastico gratuito del minore disabile, che la Corte costituzionale, già in tempi risalenti e ben prima della l. n. 104 del 1992, ne ha evidenziato, ed esaltato, il valore immediatamente precettivo e cogente (Corte cost., 8 giugno 1987, n. 215).
12.3. Il trasporto gratuito dell’allievo disabile, previsto dall’art. 28, comma primo, lett. a), della medesima legge, costituisce un pilastro portante della disciplina in materia, dovendosi considerare, come ha rilevato la stessa Corte, che la «frequenza scolastica è […] un essenziale fattore di recupero del portatore di handicaps e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull’altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità» e che «da siffatto ordine concettuale ha indubbiamente preso le mosse il legislatore ordinario allorquando, con le già richiamate disposizioni delle leggi del 1971 e 1977, ha da un lato previsto l’inserimento in via di principio dei minorati nella normale scuola dell’obbligo – onde evitare i possibili effetti di segregazione ed isolamento ed i connessi rischi di regressione – dall’altro ha concepito le forme di integrazione, sostegno ed assistenza ivi previste come strumenti preordinati ad agevolare non solo l’attuazione del diritto allo studio ma anche la piena formazione della personalità degli alunni handicappati» (così Corte cost., 8 giugno 1987, n. 215).
12.4. Ed è ovvio che, vertendosi in materia sì altamente sensibile all’esercizio dei diritti fondamentali inerenti alla dignità della persona umana devoluta, per tale aspetto, alla giurisdizione esclusiva di questo giudice amministrativo, non possa che operare il principio secondo il quale il termine breve di impugnazione a pena di decadenza degli atti amministrativi concerne gli atti autoritativi con i quali l’amministrazione, sulla base dei poteri attribuiti dall’ordinamento, disciplina unilateralmente le situazioni giuridiche dei consociati, ma, quando la controversia abbia ad oggetto l’accertamento di diritti soggettivi, si deve ritenere che l’impugnazione di atti della pubblica amministrazione non sia necessaria, come nel caso di specie, essendo l’azione intentata all’accertamento di un’obbligazione di carattere civile la cui cognizione spetta al giudice amministrativo in virtù dell’attribuzione di giurisdizione esclusiva su una determinata materia (Cons. St., sez. V, 24 marzo 2014, n. 1429).
- Ne segue che, in riforma della sentenza impugnata, la domanda di condanna, ritualmente riassunta dall’odierna appellante in sede di giurisdizione esclusiva senza soggiacere ad alcun termine di decadenza (ma, a tutto concedere, di prescrizione, qui comunque non eccepita), non possa che essere accolta con la conseguente condanna del Comune di Reggio Calabria a corrispondere alla ricorrente la somma di € 1.386,00, oltre gli interessi legali di natura compensativa dalla data di maturazione del credito (da individuare nel -OMISSIS-, data della determinazione comunale di riconoscimento del suddetto importo) al saldo.
- Le spese del doppio grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del Comune appellato.
14.1. In ordine alla revoca dell’ammissione al patrocinio dello Stato, disposta dal primo giudice con la sentenza qui gravata, tale revoca, disposta sull’assunto della inammissibilità del ricorso proposto in prime cure ai sensi dell’art. 130-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, va sicuramente riformata, attesa la fondatezza della domanda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da -OMISSIS-, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e condanna il Comune di Reggio Calabria a corrisponderle la somma di € 1.386,00, oltre gli interessi legali dal -OMISSIS- al saldo.
Condanna il Comune di Reggio Calabria a rifondere in favore di -OMISSIS- le spese del doppio grado del giudizio, che liquida nell’importo di € 7.000,00, (€ 3.000,00 per il primo grado ed € 4.000,00 per il secondo grado), oltre gli accessori come per legge.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli artt. 6, paragrafo 1, lettera f), e 9, paragrafi 2 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, all’art. 52, commi 1, 2 e 5, e all’art. 2-septies, del d. lgs. n. 196 del 2003, come modificato dal d. lgs. n. 101 del 2018, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2024, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Chieppa, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
Sergio Zeuli, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere
Laura Marzano, Consigliere
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Massimiliano Noccelli |
Roberto Chieppa |
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IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.