La sentenza n. 8935 del 2024 del Consiglio di Stato, sezione II, ha ribadito un principio consolidato in materia di concorsi pubblici: la mancata impugnazione della graduatoria finale rende improcedibile il ricorso contro il provvedimento di esclusione o di non ammissione a prove successive. La decisione sottolinea che l’atto di approvazione della graduatoria finale, pur inserendosi nella medesima sequenza procedimentale, non costituisce una conseguenza inevitabile del provvedimento di esclusione, poiché comporta una nuova e autonoma valutazione di interessi, anche riferiti a soggetti terzi. Pertanto, il ricorrente, per preservare il proprio interesse, è tenuto a impugnare la graduatoria finale, in quanto la sua mancata contestazione determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all’originario ricorso.

La pronuncia si inserisce nella più generale distinzione tra atto meramente confermativo e atto di conferma in senso proprio, evidenziando che la graduatoria finale, in quanto esito di nuove ponderazioni e istruttorie, non può essere qualificata come atto meramente confermativo del precedente provvedimento lesivo. Pertanto, il suo mancato annullamento non consente alcuna incidenza retroattiva sul provvedimento di esclusione, né può determinarne la caducazione automatica. Sul piano processuale, ciò comporta che l’eventuale annullamento del solo provvedimento di esclusione non avrebbe effetti pratici, in quanto la graduatoria definitiva, ormai inoppugnabile, cristallizzerebbe la posizione di coloro che vi sono inclusi.

Tale orientamento si allinea a precedenti consolidati, tra cui Cons. Stato, Sez. V, n. 5463 del 2014, e Cons. Stato, Sez. IV, n. 3422 del 2019, confermando che la pubblicazione della graduatoria comporta un onere aggiuntivo per il candidato escluso, il quale deve tempestivamente contestare anche tale atto per mantenere la possibilità di ottenere un’effettiva tutela giurisdizionale. La sentenza consolida inoltre l’approccio giurisprudenziale che valorizza la necessità di nuove istruttorie e valutazioni per distinguere gli atti autonomamente impugnabili, ribadendo che il rispetto di tali oneri processuali è imprescindibile per evitare profili di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.

Pubblicato il 08/11/2024

  1. 08935/2024REG.PROV.COLL.
  2. 09332/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9332 del 2023, proposto dal signor-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Abbamonte ed Emilio Longobardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la richiesta, depositata nell’interesse di parte appellante, di passaggio in decisione senza discussione;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2024 il consigliere Maria Stella Boscarino; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla determinazione della Guardia di finanza – prot. n. 210588 del 19 luglio 2022 – recante l’esclusione del signor-OMISSIS- dalla procedura concorsuale indetta il 3 settembre 2021 per il reclutamento di 1409 allievi finanzieri.

1.1. Il provvedimento si basava sul riscontrato difetto del requisito di cui all’art. 2, comma 1, lett. e) e g) del bando di concorso, in quanto quest’ultimo risultava destinatario, unitamente a proprio familiare, di un decreto di citazione a giudizio per i reati di cui agli artt. 110 (“Pena per coloro che concorrono nel reato”), 612, comma 2 (“Minaccia grave”) e 614 (“Violazione di domicilio”), scaturito da una querela concernente liti di vicinato. Giudizio penale concluso con la declaratoria di non doversi procedere per essere intervenuta remissione di querela.

  1. L’impugnata sentenza – T.a.r. per il Lazio, sez. IV, n. -OMISSIS– ha dichiarato inammissibile il ricorso, per mancata notifica ai controinteressati, da identificarsi nei soggetti inseriti nella graduatoria finale di merito, destinati ad essere sopravanzati in caso di accoglimento del gravame.
  2. L’interessato ha interposto rituale appello.

3.1. Con il primo mezzo (esteso da pagina 6 a pagina 7 del gravame) ha contestato l’erroneità della statuizione in rito, in quanto la graduatoria per la specializzazione “Anti Terrorismo e Pronto Impiego” ( “A.T.P.I.”), unitamente alle altre, è stata approvata con la determinazione n. 83361 del 21 marzo 2022, con inserimento dell’appellante al posto n. 92 su n. 148 idonei; contestualmente, sono stati nominati i vincitori per le distinte categorie e, per quanto qui d’interesse, i primi 147 concorrenti della graduatoria “A.T.P.I.”; il 148° ed ultimo concorrente inserito in tale graduatoria “A.T.P.I.”, alla data del 19 luglio 2022 di espulsione dell’appellante dal corso, era già stato incorporato, giusta determinazione n. 203603 del 12 luglio 2022.

Pertanto, alla data del 19 luglio 2022 di espulsione dell’appellante dal corso non vi erano controinteressati da evocare in giudizio, essendo stati avviati al corso di formazione tutti gli idonei (in numero di 148) della graduatoria relativa alla specializzazione “A.T.P.I.” che peraltro, come tutte le altre relative al reclutamento bandito nell’anno 2021, aveva perso validità ed efficacia alla data del 17 aprile 2022, ossia allo spirare del 30° giorno dal 18 marzo 2022 (data di avvio del corso), ai sensi e per gli effetti dell’art. 21, comma 4, del bando di concorso.

3.2. In via gradata, sono stati riproposti i motivi del ricorso in primo grado (da pagina 7 a pagina 19 del gravame)

  1. L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio al fine di resistere all’appello.
  2. Con ordinanza n.5078/2023 la sezione ha respinto la domanda cautelare avendo ritenuto “l’insussistenza di sufficienti profili di fumus, avuto riguardo, in particolare, alla non puntuale critica della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che per controinteressati debbano intendersi i soggetti inseriti nella graduatoria finale di merito, destinati ad essere sopravanzati in caso di accoglimento del gravame” e compensando le spese.
  3. A tale carenza ha cercato di porre rimedio l’appellante mediante proposizione di motivi aggiunti notificati in data 14 marzo 2024. con i quali, ribadito che gli idonei sono stati tutti incorporati, per cui nessun aspirante è rimasto fuori dal novero dei vincitori, adduce che, una volta svolta la funzione d’individuare gli aventi diritto all’incorporamento, la graduatoria ha cessato ogni funzione e la successiva condizione giuridica dei vincitori resta regolata dagli esiti del corso e dalla seguente carriera professionale. Eventuali posti lasciati scoperti vanno a vantaggio della medesima aliquota (trattandosi di settore specializzato). Quindi, conclude l’appellante, non sussisteva alcun controinteressato all’accoglimento del ricorso.
  4. L’Amministrazione, in data 8 giugno 2024, ha depositato una memoria con la quale, pur non replicando sui profili sollevati con i motivi aggiunti, ha insistito sul difetto di contraddittorio.
  5. L’appellante con memoria di replica depositata il 13 giugno 2024 ha insistito nelle proprie prospettazioni in rito e nel merito.
  6. Con ordinanza istruttoria n. 6361 del 2024, assunta all’esito dell’udienza pubblica del 9 luglio 2024, è stato disposto un approfondimento istruttorio volto ad accertare la rilevanza della posizione in graduatoria all’esito del concorso successivamente all’ammissione al corso e all’incorporamento.
  7. L’Amministrazione, in data 31 luglio 2024, ha depositato una relazione nella quale ha affermato che «sono stati dichiarati idonei 148 candidati a fronte di 147 posti a concorso e, dunque, ………. il numero degli idonei è risultato superiore a quello dei posti a concorso per la specifica categoria».
  8. Tali conclusioni sono state contestate dall’appellante, il quale, con memoria depositata in data 11 settembre 2024, ha ribadito come l’ammissione al corso sia avvenuta per tutti gli idonei, anteriormente all’esclusione dell’appellante.
  9. All’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2024, infine, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

  1. Preliminarmente il collegio rileva la inammissibilità dei motivi aggiunti proposti successivamente al deposito dell’ordinanza n.5078 del 2023 di rigetto della richiesta tutela cautelare.

I motivi in questione sono inammissibili:

  1. a) perché proposti in violazione del principio di consumazione dei mezzi di impugnazione, che trova il suo presupposto logico nel divieto di frazionamento, alla stregua del quale l’impugnazione, una volta ritualmente proposta, preclude alla parte di formulare in un successivo momento altri profili di gravame o di riproporre le stesse censure, anche se il relativo termine non sia ancora scaduto, attraverso un nuovo atto di impugnazione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sentenza 21 aprile 2022, n. 6; successivamente: sez. V, 26 febbraio 2024, n.1851);
  2. b) perché proposti al di fuori dei tassativi casi individuati dall’art. 104, comma 3, c.p.a. (cfr.da ultimo Cons. Stato, sez. V, 25 ottobre 2024, n.8535).
  3. Scendendo all’esame dell’appello il collegio evidenzia l’inaccoglibilità del primo mezzo.

13.1. Il ricorrente non ha impugnato la graduatoria definitiva del concorso, approvata nel marzo del 2022, come dato atto nella stessa sentenza appellata, che però ne ha tratto solo parzialmente le debite conclusioni circa la sorte, in rito, del gravame.

La costante giurisprudenza di questo Consesso (tra le più recenti: sezione I, parere n.1022 del 2024 che richiama sez. IV, n. 1398 del 2017), da cui il collegio non ha motivo di discostarsi, ha difatti affermato che “la mancata impugnazione dell’atto di approvazione della graduatoria finale di un concorso pubblico determina l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso proposto avverso atti intermedi della medesima procedura (cfr.,ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n. 5463 del 2014; 1937 del 2014). Le affermazioni della giurisprudenza si iscrivono, sul piano sostanziale, nell’ambito della più generale distinzione tra atto meramente confermativo e conferma e sulle conseguenze che tale distinzione comporta, sul piano processuale, in termini di necessità (o meno) di impugnazione dell’atto successivamente emanato. Come questa sezione ha avuto modo di osservare (sez. IV, 15 giugno 2016 n. 2637; in senso conforme Sez. VI, 27 luglio 2015 n. 3667), <<il criterio distintivo tra atto meramente confermativo e conferma in senso proprio riposa nella sussistenza – o meno- di una nuova ponderazione ed una nuova istruttoria>>, di modo che “allo scopo di stabilire se un atto amministrativo sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) ovvero di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), occorre verificare se l’atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi. (..) La mancata impugnazione della graduatoria finale di un concorso, dunque, si risolve in un profilo di improcedibilità del ricorso rivolto avverso il provvedimento di esclusione dallo stesso ovvero della non ammissione alle prove successive, in quanto, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto che determina la lesione del ricorrente (nella prospettazione che questi rende del proprio interesse ad agire), non ne costituisce conseguenza inevitabile, atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso. L’omessa impugnazione della graduatoria finale del concorso, pertanto, comporta la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, non potendo l’eventuale annullamento del provvedimento di esclusione o di non ammissione alle prove successive di un candidato incidere su un atto, quale la graduatoria definitiva di merito, ormai divenuto inoppugnabile, con la conseguenza che l’eventuale annullamento del provvedimento medio tempore impugnato, non potrebbe produrre alcun effetto utile per l’interessato.”

13.2. Alle medesime conclusioni è pervenuta quella parte della giurisprudenza che ha fatto leva sul rapporto di presupposizione fra atti, secondo cui “Consolidata giurisprudenza ha da tempo chiarito come il ricorrente che ha impugnato l’esclusione, a seguito della pubblicazione della graduatoria di merito di un concorso pubblico cui ha partecipato, ha l’onere di impugnare anche tale provvedimento, non potendosi ritenere che un eventuale annullamento del provvedimento di esclusione possa avere un effetto caducante della graduatoria stessa”. In particolare, “la mancata impugnazione della graduatoria finale si risolve in un profilo di improcedibilità del ricorso rivolto avverso il provvedimento di esclusione dallo stesso in quanto, per i pubblici concorsi, l’atto finale costituito dalla delibera di approvazione della graduatoria, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto che determina la lesione del ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di una pluralità di soggetti terzi rispetto al rapporto in origine controverso.” (Cons. Stato, sez. VI, n.4936 del 2021; sez. IV, n. 3422 del 2019, sez. IV, n. 7122 del 2018).

13.3. Nel caso in questione, poiché il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado risulta essere stato notificato in data (15 ottobre 2022) successiva a quella di approvazione della graduatoria, pacificamente conosciuta dal ricorrente (come dato atto nella sentenza appellata in parte qua non impugnata), il giudice di prime cure avrebbe dovuto dichiarare il ricorso inammissibile, in ordine logico, per le ragioni sopra esposte.

13.4. La sentenza risulta comunque corretta nell’aver statuito la inammissibilità del ricorso per mancata notifica ai controinteressati, non rilevando che alla data di esclusione del ricorrente fossero stati ammessi anche gli idonei (peraltro per complessivi 148 graduati, a fronte di n.147 posti), atteso che, come chiarito dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 1992 n. 327), nel caso di impugnazione della graduatoria di una procedura concorsuale devono ritenersi controinteressati tutti coloro che in essa siano comunque inseriti (pur se solo come idonei), anche in relazione al loro interesse (morale ma non solo) alla conservazione della posizione conseguita in vista di futuri eventuali scorrimenti.

  1. Per completezza e in limine, il collegio evidenzia come l’estinzione del giudizio per rimessione della querela non precludesse all’Amministrazione la valutazione autonoma dei fatti già oggetto di indagine penale, reputati rilevanti ai fini dell’ammissione al concorso in questione, con motivazione che appare congrua e condivisibile, attesa l’oggettiva gravità dei fatti emersi in sede di indagine, alcuni dei quali oltretutto ammessi dall’interessato, nonostante il tentativo di sminuirne la portata.
  2. Conclusivamente, l’appello dev’essere, in parte, dichiarato inammissibile ed in parte respinto.
  3. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell’art. 26, comma 1, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di giudizio, liquidate in euro tremila/00, oltre accessori se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Carmelina Addesso, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Stefano Filippini, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Maria Stella Boscarino

Vito Poli

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.