La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28666 del 7 novembre 2024, ha affrontato un caso relativo alla divisione di un bene immobile parzialmente abusivo nell’ambito di una domanda di scioglimento di comunione ereditaria. La questione centrale riguardava la possibilità di procedere alla divisione di un immobile abusivo in assenza della documentazione attestante la regolarità edilizia, come richiesto dagli articoli 46 del D.P.R. n. 380/2001 e 40, comma 2, della L. n. 47/1985. La Corte ha ribadito il principio enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 25021/2019, secondo cui il giudice non può disporre la divisione di un fabbricato, anche parzialmente abusivo, in mancanza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia, condizione necessaria per la “possibilità giuridica” della divisione stessa, ai sensi dell’art. 713 c.c.
Il ricorso presentato dalla parte interessata sosteneva che la Corte d’Appello avesse commesso errore nell’escludere la possibilità di attribuire l’immobile a una delle parti, considerando l’immobile abusivo e incommerciabile. La parte ricorrente contestava anche l’erronea applicazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, che prevede la possibilità di rimuovere o demolire le opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire. La Corte ha ritenuto infondate queste argomentazioni, confermando l’approccio giuridico della sentenza di appello e ribadendo che la divisione di beni immobili, in particolare quelli abusivi, non possa essere disposta senza il presupposto della regolarità edilizia, a meno che non vi sia una documentazione adeguata che dimostri la conformità o la possibilità di sanare l’abuso.
In tal modo, la Corte ha escluso la possibilità di una divisione legale del bene immobile in virtù della sua difformità urbanistica, precisando che la giurisprudenza consolidata impone che la regolarità edilizia sia un requisito fondamentale per ogni operazione di divisione, anche nell’ambito di una comunione ereditaria. Inoltre, la Corte ha chiarito che l’eventuale difformità parziale dal titolo edilizio non comporta la commerciabilità dell’immobile, fermo restando che la nullità comminata dagli articoli 46 e 40 del D.P.R. n. 380/2001 non possa essere elusa, anche nel contesto di atti giuridici tra vivi, come nel caso della divisione del bene tra i coeredi. Pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’impossibilità di procedere alla divisione del bene abusivo senza il necessario rispetto delle norme urbanistiche.
IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO VERRA’ RESO DISPONIBILE A BREVE.