Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8244 del 15 ottobre 2024, ha fornito un’importante precisazione in merito al termine previsto dall’art. 6-bis, comma 2, del D.L. n. 387/1987, relativo alla presentazione della domanda di collocamento a riposo per il personale delle forze di polizia. La Corte ha escluso che tale termine, fissato al 30 giugno, abbia natura decadenziale, sottolineando che il rispetto di questo termine è funzionale alla decorrenza del collocamento a riposo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo. La distinzione tra un termine decadenziale, che impone la perdita del diritto in caso di mancato rispetto, e un termine di mera programmazione, che non pregiudica il diritto ma solo la sua tempestiva attuazione, è fondamentale. Il Tribunale ha quindi stabilito che la mancata presentazione della domanda entro il termine del 30 giugno non impedisce il collocamento a riposo, ma determina soltanto un differimento della sua decorrenza, che potrà avvenire anche negli anni successivi. Tale interpretazione si fonda sulla ratio della norma, che mira a garantire la pianificazione delle cessazioni dal servizio, senza impedire al personale di avvalersi del diritto di collocarsi a riposo in date successive, sempre che la domanda venga presentata in un anno solare.
La sentenza si inserisce anche nel contesto normativo riguardante il riconoscimento dei benefici economici per il personale delle forze di polizia, in particolare il trattamento economico connesso agli scatti stipendiali. La questione, sollevata nella sentenza, riguarda l’ambito di applicazione degli scatti stipendiali, in relazione alle disposizioni dell’art. 6-bis del D.L. n. 387/1987, che aveva previsto per il personale della Polizia di Stato il riconoscimento di sei scatti stipendiali per il calcolo del trattamento di fine servizio, già previsti per altri corpi di polizia e per i sottufficiali delle Forze Armate. Il Consiglio di Stato ha ribadito che la disposizione di cui all’art. 6-bis del D.L. n. 387/1987 si applica solo al personale delle forze di polizia, come definito dall’art. 16 della L. n. 121/1981, e non estende il beneficio a tutte le Forze Armate. Il Collegio ha escluso la possibilità di estendere gli scatti stipendiali ai militari appartenenti alle Forze Armate, in quanto tali benefici sono espressamente previsti per il personale delle forze di polizia e non per le altre categorie di militari.
In merito all’interpretazione dell’art. 16 della L. n. 121/1981, il Consiglio di Stato ha confermato che la norma perimetra l’ambito di applicazione degli scatti stipendiali, estendendoli esclusivamente al personale delle forze di polizia, senza distinzione tra quelle a ordinamento civile e quelle a ordinamento militare, ma escludendo chiaramente le Forze Armate. La Corte ha anche richiamato il Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66/2010), il quale, pur facendo riferimento alle forze di polizia a ordinamento militare, non ha esteso il trattamento economico previsto dal D.L. n. 387/1987 alle Forze Armate, in quanto tali forze non rientrano nel novero delle forze di polizia ai sensi della normativa citata. Inoltre, il Consiglio di Stato ha escluso che le disposizioni relative alla promozione per limiti di età o alla cessazione dal servizio, come previsto dal Codice dell’ordinamento militare, possano giustificare l’estensione dei benefici economici alle Forze Armate. In particolare, l’abrogazione di norme precedenti, come quelle relative alla promozione ai sensi degli artt. 1076 e 1077 c.o.m., ha determinato l’impossibilità di applicare retroattivamente il beneficio degli scatti stipendiali per il personale militare che non rientra tra i beneficiari della normativa di riferimento.
Infine, la sentenza ribadisce la necessità di una rigorosa distinzione tra il personale delle forze di polizia e quello delle Forze Armate, con riferimento all’applicazione dei benefici economici e alla natura dei diritti connessi al collocamento a riposo. Il Consiglio di Stato ha chiarito che, mentre il termine per la presentazione della domanda di collocamento a riposo può essere posticipato senza compromettere il diritto stesso, il riconoscimento degli scatti stipendiali è limitato al personale delle forze di polizia e non si estende al personale delle Forze Armate, in conformità con la disciplina normativa vigente.
Pubblicato il 15/10/2024
- 08244/2024REG.PROV.COLL.
- 00191/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 191 del 2024, proposto da:
INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Dario Marinuzzi e Piera Messina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
– OMISSIS -, rappresentati e difesi dagli avvocati Claudio Gardelli e Renzo Filoia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Francesco Caputi, Giovanni Flore, Walter Leorato, Ferdinando Stefani, Pier Corrado Triberio, Fernando Antonio Vecchio, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, n. 01746/2023, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sig.ri – OMISSIS -;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2024 il Cons. Francesco Cocomile e udito per la parte appellante l’avvocato Gino Madonia per Dario Marinuzzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
- – Con il ricorso al T.A.R. per la Lombardia, Milano, r.g. n. 1239/2021, i sig.ri – OMISSIS -, tutti dipendenti del Ministero Difesa, del Ministero dell’Interno, del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, congedati a domanda avendo superato i 55 anni di età e i 35 di anzianità contributiva, hanno agito contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per l’accertamento del diritto ai benefici economici di cui all’art. 6-bis del decreto legge n. 387/1987, con il conseguente obbligo di provvedere alla rideterminazione del trattamento di fine servizio (T.F.S.) mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati dalla disposizione citata.
- – In particolare, i ricorrenti in primo grado censuravano i provvedimenti di liquidazione dell’INPS in quanto ritenevano di aver diritto all’inclusione, nel computo della base di calcolo, dei sei scatti stipendiali. Ad avviso di questi, infatti, il diritto sussiste anche per il personale congedatosi a domanda in presenza dei due requisiti previsti dal comma 2 dell’art. 6-bis: il compimento dei 55 anni di età e lo svolgimento di un servizio utile superiore a 35 anni.
- – In fatto, occorre precisare che alcuni dei ricorrenti risultano ex appartenenti all’Arma dei Carabinieri (segnatamente, i sig.ri – OMISSIS -).
- – Si costituiva in giudizio l’INPS – Istituto nazionale della previdenza sociale, lamentando l’infondatezza del ricorso per mancata equiparazione dei ruoli tra Polizia di Stato ed altri Corpi Militari. In particolare, la parte resistente precisava che per il personale diverso dalla Polizia di Stato la maggiorazione della buonuscita con attribuzione dei sei scatti stipendiali può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di soggetti “che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti”, mentre non è contemplata per la diversa ipotesi di cessazione dal servizio per dimissioni volontarie.
- – L’Istituto resistente, in via subordinata, contestava altresì l’intervenuta decadenza dal diritto al riconoscimento degli scatti stipendiali.
- – Il Tribunale adito accoglieva il ricorso, e, pertanto, condannava l’INPS a corrispondere a tutti gli interessati l’indennità di buonuscita, includendo nella base di calcolo anche i sei scatti stipendiali contemplati dall’art. 6-bis inserito nel decreto legge n. 387/1987 dalla legge di conversione n. 472/1987.
- – Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 18 dicembre 2023 e in 9 gennaio 2024 – l’INPS ha interposto l’appello in trattazione avverso la su menzionata sentenza, limitatamente ai sig.ri – OMISSIS -, articolando tre motivi.
- – In via pregiudiziale, con un primo motivo di appello, ha eccepito la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6-bis del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni in legge 20 novembre 1987, n. 472, nella parte in cui prevede che la «domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità».
- – Nel merito, con un secondo motivo di appello, ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6-bis del decreto legge 21 settembre 1987 n. 387, precisando che l’estensione del beneficio non è consentita anche a favore dei dipendenti delle Forze armate. A tal riguardo, l’Istituto appellante ha fatto richiamo di precedenti giurisprudenziali riferibili anche a questa Sezione (cfr. Cons. Stato, 16 marzo 2023, n. 2762).
- – In denegata ipotesi, ovvero ove non si intenda accedere alla prospettata ricostruzione del quadro normativo, ha chiesto sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell’art. 6-bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, per contrasto con l’art. 81 della Costituzione, che cristallizza il principio di sostenibilità e prevedibilità del debito pubblico, nonché con l’art. 3 della Costituzione, essendo irragionevole applicare il primo comma solo al personale cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile o perché deceduto, e il secondo comma, indistintamente, a tutti coloro che cessano con diritto a pensione.
- – Si sono costituite in giudizio le parti appellate per resistere all’appello, chiedendone il rigetto e la conseguente conferma della sentenza impugnata. Con particolare riferimento al secondo motivo di appello, pur conoscendo la recente giurisprudenza consolidatasi sul punto, ne hanno invocato un ripensamento richiamando precedenti pronunce del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sez. staccata di Catania (Sezione Terza) con sentenze nn. 820, 821, 822/2022 depositate il 24 marzo 2022, e n. 1414/2022 depositata il 26 maggio 2022
- – All’udienza del 1° ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
- – Seguendo la tassonomia dell’atto di appello, va innanzi tutto respinta la questione pregiudiziale della presunta inosservanza del termine di decadenza del 30 giugno di cui al citato art. 6-bis, comma 2, del decreto-legge n. 387/1987.
La ragione di tale statuizione, infatti, si comprende all’interno del contesto in cui è inserita e, in particolare, in relazione al disposto del successivo comma 3 della medesima norma.
Con esso si dispone che «I provvedimenti di collocamento a riposo del predetto personale hanno decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda».
Ne deriva che il rispetto del termine del 30 giugno è funzionale a consentire la decorrenza del collocamento a riposo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo.
Il termine del 30 giugno non è quindi un termine di decadenza, bensì rappresenta un onere per l’interessato, che incide sulla tempistica di soddisfazione dell’aspettativa di collocamento a riposo del medesimo.
Né può ammettersi una diversa interpretazione di detto termine, riferito espressamente alla domanda di collocamento a riposo. Invero, il rispetto del termine del 30 giugno non può essere considerato una condizione la cui inottemperanza impedisce il collocamento a riposo a domanda (nel senso quindi di ritenere che il collocamento a riposo a domanda sia ammissibile solo se richiesto nel periodo immediatamente seguente al verificarsi delle due condizioni predette).
Il già richiamato comma 3 lascia intendere, infatti, che il collocamento a riposo a domanda possa avvenire anche in anni successivi, dipendendo esclusivamente dalla data di presentazione dell’istanza.
Infine, neppure può considerarsi che la presentazione della domanda di collocamento a riposo entro il 30 giugno incida esclusivamente sull’attribuzione dei sei scatti ai fini del calcolo dell’indennità di buona uscita, dal momento che non si rinviene una ragionevole giustificazione della diversità di trattamento che sarebbe riservata a coloro che presentano la domanda di collocamento a riposo entro il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le condizioni di anzianità, che si gioverebbero dell’attribuzione dei sei scatti, rispetto a coloro che la presentano nelle annualità successive (essendo quindi collocati a riposo entro il successivo primo gennaio), che non si gioverebbero di detta attribuzione.
Sicché solo una norma chiara nel senso della natura decadenziale del termine potrebbe fondare una diversità di trattamento non passibile di interpretazione costituzionalmente orientata, atteso che “le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali” (Corte Cost., sentenza 22 ottobre 1996, n. 356 e ordinanza 19 giugno 2019, n. 151, cui fanno riferimento i precedenti in merito: Cons. Stato, Sez. II, 23 marzo 2023, n. 2980; Cons. Stato, Sez. II, 23 marzo 2023, n. 2982).
- – Nel merito, con riferimento al secondo motivo di censura, l’appello è fondato, non intendendo il Collegio discostarsi dai principi già più volte affermati dalla Sezione, ai quali anzi per ragioni di sintesi espositiva intende fare integrale rinvio anche ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), del cod. proc. amm.
- – Sul riconoscimento del beneficio dei sei scatti stipendiali ai fini del trattamento di fine servizio ai soli appartenenti alle forze di polizia, sia ad ordinamento civile che ad ordinamento militare, si è pronunciato a più riprese il Consiglio di Stato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. II, 21 marzo 2023, n. 2866; Cons. Stato, sez. II, 23 marzo 2023, n. 2980; Cons. Stato, Sez. II, 23 marzo 2023, n. 2982).
Per quanto di interesse in questa sede, il Consiglio di Stato, ha ribadito che:
- i) l’art. 1911, comma 3, c.o.m. lascia fermo, per tutte le forze di polizia, l’art. 6-bis del decreto legge n. 387/1987 che, nel quadro della progressiva omogeneizzazione del trattamento economico e previdenziale di tutto il personale del comparto difesa e sicurezza, ha esteso anche al personale della Polizia di Stato l’istituto dei sei scatti (già previsto dall’art. 1, comma 15-bis, decreto-legge n. 379/1987 in relazione “ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati”);
- ii) quanto all’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 6-bis del decreto legge n. 387/1987, la nozione di forze di polizia, ivi richiamata, è ampia e si delinea anche in ragione della funzione del decreto legge n. 387/1987, specificata all’art. 1, nel senso di disporre l’estensione dei benefici economici previsti dal d.P.R. 10 aprile 1987 n. 150 (di attuazione dell’accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il Governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato) all’Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato, che, del resto, compongono le forze di polizia ai sensi dell’art. 16 legge 1° aprile 1981 n. 121;
iii) l’art. 16 della legge n. 121/1981, a cui l’art. 6 del decreto-legge n. 387/1987 rinvia, perimetra la nozione di forze di polizia anche ai fini dell’applicazione del richiamato art. 6-bis, senza distinguere tra appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento militare, ma con esclusione delle Forze Armate che non sono forze di polizia ai sensi dell’art. 16 della legge n. 121/1981 sopra richiamato;
- iv) il Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66/2010) si è, quindi, limitato a confermare, con riferimento alle forze di polizia ad ordinamento militare, il regime in vigore per il calcolo dell’indennità di fine rapporto degli appartenenti alle forze di polizia, così come delineato dell’art. 6-bis del decreto legge n. 387/1987, e non lo ha esteso a tutte le Forze Armate in ragione della loro collocazione all’interno del Codice dell’ordinamento militare;
- v) non sono idonee a supportare la tesi dell’estensione del beneficio a tutte le Forze Armate le fattispecie di cui ai primi due commi dell’art. 1911 c.o.m.
Da un lato, il comma primo del citato articolo delinea una fattispecie di attribuzione del beneficio agli ufficiali in servizio permanente quale alternativa alla promozione alla vigilia disciplinata dall’art. 1082 che è stato abrogato dall’art. 1, comma 258, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, a decorrere dal 1° gennaio 2015, con la conseguenza che, non essendo più contemplata la promozione per abrogazione dell’art. 1082 c.o.m., detti militari neppure possono chiedere una prestazione alternativa a quella (si configura un caso di obbligazione facoltativa e non di obbligazione alternativa, con conseguente estinzione dell’obbligazione per impossibilità della prestazione principale ex art 1256 cod. civ.).
Dall’altro lato, il comma secondo del citato art. 1911 c.o.m. prevede che il beneficio dei sei aumenti periodici di stipendio si applica anche al personale militare che ha conseguito la promozione ai sensi degli artt. 1076, comma 1, e 1077 c.o.m., nonché agli ufficiali cessati dal servizio per limiti di età con il grado di generale di corpo d’armata e gradi equiparati e a quelli che hanno conseguito una promozione nella posizione di «a disposizione»; anche gli artt. 1076 e 1077 c.o.m. sono stati abrogati dall’art. 1, comma 258, della legge n. 190/2014, con la conseguenza che il venir meno della condizione legittimante l’attribuzione del beneficio dei sei aumenti periodici di stipendio, cioè il conseguimento della promozione ai sensi degli artt. 1076, comma 1, e 1077 (appunto abrogati), non consente di attribuire il beneficio controverso, salvo che per gli ufficiali cessati dal servizio per limiti di età con il grado di generale di corpo d’armata e gradi equiparati e a quelli che hanno conseguito una promozione nella posizione di «a disposizione», condizioni che nel caso di specie non risultano comprovate.
L’applicazione delle sopra richiamate coordinate giurisprudenziali al caso di specie (relativo a dipendenti dell’Esercito italiano) conduce all’esclusione del beneficio in esame nei confronti degli appellati per difetto del requisito soggettivo costituito dall’appartenenza ad una delle categorie per le quali la legge riconosce l’istituto dei sei scatti, ossia una forza di polizia, ad ordinamento militare o civile.
Il motivo è quindi fondato.
- – Infine, per quanto concerne la questione di costituzionalità prospettata mediante il terzo motivo di appello, si osserva che l’estensione di sei scatti stipendiali in favore delle qualifiche soggettive sopra menzionate non è avvenuta in assenza di una specifica norma, bensì in applicazione di un coacervo di disposizioni, soggette a svariate modificazioni nel tempo, sicché è del tutto inconferente il richiamo all’art. 81 della Costituzione, che invero detta principi al legislatore in tema di bilancio, i quali in ogni caso non possono reputarsi violati da una specifica e limitata normativa recante benefici economici a ex dipendenti delle forze dell’ordine.
Non vi è infine alcun contrasto con l’art. 3 della Costituzione, giacché la normativa accomuna soltanto a certi fini situazioni differenti, che nella loro globalità sono tuttavia trattate in modo distinto, sicché non si riscontra alcuna manifesta irragionevole disparità di trattamento idonea a poter prospettare un dubbio di costituzionalità sul corretto esercizio dell’amplissima discrezionalità riservata al legislatore.
Il punto non è quindi fondato.
- – Per le ragioni sopra esposte, l’appello è fondato e deve essere accolto.
- – Sussistono giustificati motivi, in considerazione della natura delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado ai sensi di cui in motivazione e limitatamente alle posizioni degli odierni appellati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Antonella Manzione, Presidente FF
Cecilia Altavista, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore
Valerio Valenti, Consigliere
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Francesco Cocomile |
Antonella Manzione |
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IL SEGRETARIO