La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27482 del 23 ottobre 2024, ha chiarito che per l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie per le supplenze è necessario possedere l’abilitazione all’insegnamento, escludendo che il solo possesso congiunto di una laurea e di 24 CFU possa essere equiparato a tale titolo abilitante. La controversia nasce dal ricorso di una laureata in consulenza e direzione aziendale, la quale, avendo acquisito 24 crediti formativi in discipline psico-pedagogiche, aveva ottenuto l’inserimento in seconda fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto, sulla base della pronuncia favorevole della Corte territoriale. Quest’ultima, accogliendo il ricorso della candidata, aveva stabilito che il requisito congiunto della laurea e dei 24 CFU fosse sufficiente per l’inclusione in seconda fascia, interpretando il dettato normativo come volto a qualificare il possesso dei crediti formativi accademici in funzione abilitante.

Il Ministero dell’Istruzione ha impugnato tale decisione, sostenendo che l’accesso alle graduatorie per le supplenze richieda il possesso di un titolo abilitante distinto dal mero requisito per l’accesso ai concorsi pubblici, in cui il possesso della laurea e dei 24 CFU rappresenta solo un titolo di ammissione alle prove, ma non equivale all’abilitazione. In questa prospettiva, il Ministero ha evidenziato come solo il superamento delle prove concorsuali consenta di ottenere l’abilitazione all’insegnamento, distinguendosi chiaramente dal possesso della laurea e dei crediti formativi accademici.

La Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, cassando la sentenza di appello e confermando che solo chi è titolare di abilitazione o chi ha superato le specifiche prove concorsuali può accedere alla seconda fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto. La decisione dei giudici supremi ha sottolineato come la distinzione ontologica tra titolo di studio e titolo abilitante sia sancita dall’art. 5 del d.lgs. n. 59/2017, che delinea i requisiti necessari per conseguire l’abilitazione all’insegnamento, introducendo così una barriera selettiva tra titoli accademici e titoli specificamente qualificanti. Nella motivazione, la Corte ha rimarcato che l’interpretazione della Corte territoriale è risultata incongrua poiché, nonostante la laurea con 24 CFU consenta l’accesso ai concorsi pubblici, tale combinazione non rappresenta un titolo abilitante per l’insegnamento, proprio per la mancanza delle prove concorsuali che qualificano il percorso abilitativo.

In merito alle conseguenze di questa pronuncia, la Cassazione ha chiarito che il requisito abilitante garantisce che le fasce superiori delle graduatorie siano riservate a chi ha dimostrato, attraverso prove selettive specifiche, una preparazione adeguata e conforme agli standard dell’insegnamento.