Nella sentenza n. 01330/2024, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria ha respinto il ricorso promosso avverso il Comune, riguardante due provvedimenti: la demolizione d’ufficio di opere abusive e il rigetto dell’istanza di accertamento di conformità. Il ricorrente ha contestato la legittimità della demolizione, sostenendo che essa fosse avvenuta prima del termine per l’adempimento dell’ingiunzione e mentre era pendente un’istanza di sanatoria, oltre a evidenziare un difetto di istruttoria e la mancanza di visto di regolarità contabile. Tuttavia, il TAR ha stabilito che i termini per l’adempimento erano già scaduti e che la presentazione dell’istanza di sanatoria non sospendeva l’ordine di demolizione, il quale riacquistava vigore dopo il diniego della sanatoria. Il Comune ha dimostrato di aver valutato la fattibilità della demolizione e di aver escluso la possibilità di fiscalizzazione dell’abuso. Infine, la sentenza chiarisce che la disciplina del Piano Casa non consente l’ampliamento per sanare abusi edilizi già esistenti, confermando così la legittimità delle azioni intraprese dal Comune.
Pubblicato il 19/09/2024
- 01330/2024 REG.PROV.COLL.
- 01457/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1457 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
– OMISSIS -, rappresentato e difeso dall’avvocato Gregorio Ferrari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Davoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Pitaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Davoli – Responsabile Area Tecnica, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
1)per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– della determinazione Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Davoli n. 11097 del 26 settembre 2023 – n. 584 del 2 ottobre 2023, del progressivo generale, avente ad oggetto: “Demolizione d’ufficio opere abusive – Art.33 del D.P.R. n.380/01 e ss.mm.ii.”;
– del provvedimento prot. n. 6990 del 3/10/2023, notificato in data 10 ottobre 2023 avente ad oggetto la diffida a voler sgomberare i locali abusivi entro e non oltre 15 giorni e a lasciarli liberi da cose e persone e di consegnare le chiavi degli immobili al Comando di Polizia Municipale del Comune di Davoli;
– nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e dipendente.
2) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da – OMISSIS – – OMISSIS – il 15 dicembre 2023:
del provvedimento prot. n.12023 del 2 novembre 2023, con il quale il Comune di Davoli ha disposto il non accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità opere edilizie ex art.36 DPR 380/2001, presentata, in data 4 ottobre 2023, dal ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Davoli, con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive;
Visti i decreti presidenziali n. 567 e n. 568 del 17 e 18 ottobre 2023;
Viste l’ordinanza n. – OMISSIS – dell’11 novembre 2023, che ha rigettato la domanda cautelare presentata da parte ricorrente, e la successiva ordinanza del Consiglio di Stato n. – OMISSIS -, che, in sede di appello, ha riformato il provvedimento di questo TAR e, per l’effetto, disposto l’accoglimento dell’istanza cautelare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2024 il dott. Vittorio Carchedi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- La vicenda che ha dato origine al presente contenzioso può essere sintetizzata come segue:
– il ricorrente è il sig. – OMISSIS -, il quale è comproprietario, insieme alla sig.ra – OMISSIS – (sua moglie), di un fabbricato destinato a civile abitazione di due piani fuori terra nel Comune di Davoli, per il quale ha ottenuto il permesso di costruire n. 6/2012;
– in seguito ad un sopralluogo eseguito il 9 febbraio 2021, sono state individuate nell’immobile di proprietà talune opere eseguite in assenza e in difformità del predetto titolo edilizio, che, sommariamente, consistono: a) nell’aver reso abitabile il sottotetto, elevandone l’altezza oltre quanto autorizzato e realizzandovi una cucina, due camere e due bagni; b) nella costruzione di tre balconi (due sulla pianta del sottotetto e uno al primo piano) e di un abbaino (al piano sottotetto), nell’ampliamento di un altro balcone (al primo piano); c) nella realizzazione di una lavanderia al primo piano; d) nell’ampliamento e nella modifica del portico al piano terra; e) nella realizzazione della scala esterna in difformità al progetto originario;
– con ordinanza n. 5 del 12 aprile 2021, il Comune di Davoli ha ingiunto ai proprietari la demolizione delle opere realizzate in difformità rispetto al titolo abilitativo;
– nei confronti di questo provvedimento, i sig.ri – OMISSIS – e – OMISSIS – hanno proposto ricorso, dinanzi al TAR per la Calabria, che con sentenza n. 11527/2021 lo ha rigettato, riscontrando la legittimità del provvedimento impugnato;
– nei confronti della sentenza del TAR, è stato proposto appello avanti al Consiglio di Stato, che, con sentenza n.7254/2023, lo ha accolto limitatamente alla legittimità della modifica strutturale della trave di colmo e alla realizzazione di una lavanderia sul pianerottolo all’interno del vano scala, mentre ha confermato le altre difformità dal titolo edilizio del 2012;
– in data 3 ottobre 2023, il ricorrente ha depositato presso il Comune di Davoli istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2021, per le opere abusive accertate dal Consiglio di Stato con la citata sentenza;
– tuttavia, con i provvedimenti impugnati e meglio specificati in epigrafe, il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Davoli, dopo aver accertato la perdurante inottemperanza all’ordine di demolizione delle opere abusive realizzate, ha disposto, ai sensi dell’art. 33, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, la demolizione d’ufficio delle opere abusive realizzate sull’immobile di proprietà del ricorrente, con spese a suo carico, per l’ammontare di euro 109.802,29, intimandogli di rilasciare l’immobile stesso libero da cose e persone nella disponibilità dell’ente entro e non oltre 15 giorni.
- Avverso i citati provvedimenti, il sig. – OMISSIS – ha proposto il presente ricorso giurisdizionale.
2.1. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, in quanto i provvedimenti impugnati sono stati emessi, quando ancora non era decorso il termine stabilito nell’ordinanza comunale per l’adempimento spontaneo, essendo stata sospesa l’ingiunzione di demolizione, con ordinanza del Consiglio di Stato n. – OMISSIS -.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, in quanto la demolizione d’ufficio non poteva essere disposta in pendenza del procedimento di accertamento di conformità, che determina una situazione di inefficacia della misura demolitoria, destinata a cessare solo una volta definito il procedimento di sanatoria.
2.3. Con il terzo motivo, contesta un difetto di istruttoria, da parte dell’amministrazione comunale, che, nel disporre la demolizione d’ufficio, non ne avrebbe preliminarmente valutato la concreta fattibilità (realizzando, al riguardo, un studio strutturale in merito alle modalità della demolizione) e non avrebbe valutato, come invece richiesto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7254/2023, “l’eventuale fiscalizzazione dell’abuso ai sensi dell’art. 33 comma 2 del t.u. edilizia”.
2.4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 147 bis del d.lgs. 267/2000, in quanto il provvedimento, che ha disposto la demolizione d’ufficio, sarebbe sprovvisto del visto di regolarità contabile, nonostante esso comporti riflessi diretti sulla situazione economico finanziaria e sul patrimonio dell’ente comunale.
- Si è costituito il Comune di Davoli, resistendo al ricorso.
- Con ordinanza n. – OMISSIS – dell’11 novembre 2023, questo Tribunale ha rigettato la domanda cautelare presentata dal ricorrente; il provvedimento di rigetto è stato successivamente riformato, in sede di appello cautelare, con ordinanza n. – OMISSIS – del 22 dicembre 2023, dal Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che “sussistono profili meritevoli di approfondimento nella appropriata sede di merito, con specifico riferimento alla dedotta inosservanza della prescrizione, di cui alla sentenza di questo Consiglio, sez. VI, 25/07/2023 n.7254, secondo la quale il Comune nella fase esecutiva avrebbe dovuto valutare la fiscalizzazione dell’abuso, nonché all’omesso puntuale accertamento se la demolizione delle porzioni abusive possa avvenire senza pregiudizio per l’intero immobile, al fine sia di infliggere l’alternativa sanzione pecuniaria, nel caso di messa a repentaglio della staticità della sezione dell’edificio regolare, sia di esternare precise modalità dell’intervento d’ufficio che scongiurino il pericolo di crollo o comunque di pregiudizio alle strutture”.
- In data 15 dicembre 2023, parte ricorrente ha depositato ricorso per motivi aggiunti, impugnando il provvedimento prot. n.12023 del 2 novembre 2023, con il quale il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Davoli, nelle more del presente giudizio, ha rigettato l’istanza di sanatoria presentata dal ricorrente.
In sintesi, nei motivi aggiunti, il ricorrente sostiene che l’intervento edilizio eseguito è conforme, con riferimento alla data dell’abuso, alla Legge regionale dell’11 agosto 2010, n. 21, e, con riferimento alla data di richiesta di sanatoria, alla Legge regionale 7 luglio 2022, n. 25; pertanto, sussisterebbe la c.d. doppia conformità richiesta dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001 per la sanatoria degli abusi realizzati.
- In data 5 giugno 2024, il Comune di Davoli ha depositato una relazione dell’Ufficio Tecnico del Comune di Davoli, nella quale, in estrema sintesi, si precisa che:
– l’“ufficio prima di emettere la Determinazione n. 584 del 02.10.2023 avente ad oggetto “Demolizione d”ufficio opere abusive – Art.33 del D.P.R. n.380/01 e ss.mm.ii.”, ha provveduto a verificare la sussistenza dei requisiti dell’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380/01, circa la possibilità del ripristino dello stato dei luoghi ovvero l’applicazione alternativa della sanzione pecuniari, c.d. “fiscalizzazione””;
-a conclusione delle verifiche, l’ufficio ha ritenuto che il ripristino dello stato dei luoghi fosse possibile “mediante la c.d. demolizione controllata, per come si può evincere anche nell’elaborato tecnico redatto e denominato “computo metrico””;
– “[n]el caso di specie da parte dell’ufficio tecnico sono state analizzate tutte le lavorazioni necessarie alla demolizione […]” ed è stato previsto “un progetto di demolizione che garantisca attraverso l’utilizzo di mezzi e manodopera qualificata la demolizione degli abusi senza alterare la staticità dell’intero corpo di fabbrica realizzato legittimamente in data antecedente all’opera abusiva, con consequenziale esclusione dell’applicazione della fiscalizzazione dell’opera”.
Nella nota si confermano, inoltre, le ragioni del rigetto dell’istanza di permesso in sanatoria, contenute nel provvedimento impugnato (ossia violazione delle previsioni del PRG nonché delle disposizioni del Regolamento Edilizio e delle Norme Tecniche di Attuazione in termini di volumetria realizzabile, distacchi dai confini interni, altezze minime, distanze, normativa sismica ecc.).
- Con memoria del 7 giugno 2024, il ricorrente ha, infine, riepilogato le principali argomentazioni esposte nei precedenti scritti difensivi, a sostegno dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.
- All’udienza pubblica del 10 luglio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.
- Il Collegio ritiene di dover prendere le mosse dall’esame dei motivi aggiunti, per l’evidente influenza che l’esito del giudizio di legittimità del provvedimento di rigetto dell’istanza di accertamento di conformità può avere sul giudizio avente ad oggetto il (precedente) provvedimento demolitorio.
- In estrema sintesi, la questione proposta a questo Tribunale Amministrativo Regionale riguarda l’applicabilità della disciplina del c.d. Piano Casa (Legge regionale, 11 agosto 2010, n. 21, e Legge regionale 7 luglio 2022, n. 25) all’istituto dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 D.P.R. n.380/2001.
In altri termini, occorre interrogarsi se, in caso di edificazione senza titolo (o, come nel caso di specie, in difformità rispetto al titolo rilasciato) di volumi non contemplati dagli strumenti urbanistici, ma rientranti nell’aumento volumetrico premiale previsto in via derogatoria dal Piano Casa, sia possibile per il proprietario dell’immobile ricorrere all’istituto dell’accertamento della conformità, sussistendo il requisito della doppia conformità (non agli strumenti urbanistici, ma) agli aumenti volumetrici consentiti dalla citata normativa.
La giurisprudenza, già condivisa in un altro precedente da questa sezione, ha fornito una risposta negativa al quesito, ritenendo che “la disciplina del Piano Casa non consenta di ampliare le ipotesi di sanatoria edilizia: non è possibile, cioè, beneficiare degli incrementi volumetrici previsti da tale legge per sanare pregressi abusi edilizi (TAR Liguria, Sez. I, 20 giugno 2017, n. 538)” e che “gli interventi in ampliamento previsti, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, dalla legge, in tanto sono consentiti, in quanto l’edificio cui accedono sia stato realizzato legittimamente nel senso che anche se realizzato abusivamente sia stato preventivamente sanato. In altri termini, il requisito della legittima realizzazione o del previo condono dell’immobile riguardato dagli anzidetti interventi in ampliamento, richiesto dalla disciplina legislativa regionale richiamata, deve sussistere almeno alla data di presentazione dell’istanza a norma del piano casa; ciò sta inequivocabilmente a significare che a quest’ultima non è, di per sé, ricollegabile quella portata sanante che è propria della domanda di condono e della domanda di accertamento di conformità” (cfr. TAR Catanzaro, sez. II, 10 giugno 2024 n. 906).
È fuor di dubbio, dunque, che la legge regionale del Piano Casa escluda l’ampliamento in tutti casi in cui l’edificio interessato risulti realizzato in assenza o in difformità rispetto al titolo abilitativo, consentendolo solo allorché il fabbricato sia regolarmente autorizzato al momento della richiesta di permesso a costruire.
Ne consegue che gli immobili, recanti un abuso edilizio – determinato dall’assenza/difformità di parte dell’immobile, rispetto all’originaria licenza edilizia – esistente al momento della richiesta dell’accesso alle deroghe disegnate dal Piano Casa, non possono godere dei benefici volumetrici premiali.
L’argomento è decisivo ai fini del rigetto del ricorso per motivi aggiunti, giacché l’istanza proposta dal ricorrente non poteva essere valutata favorevolmente dall’amministrazione comunale, posto che l’intervento edilizio abusivo era stato già eseguito al momento della proposizione dell’istanza.
- Anche il ricorso introduttivo è infondato.
- È infondato il primo motivo secondo il quale i provvedimenti impugnati sarebbero stati emessi prima dello spirare dei 90 giorni assegnati dall’amministrazione per l’adempimento spontaneo all’ordinanza di demolizione n. 5/2021. In realtà, come dedotto dall’amministrazione resistente, i 90 giorni assegnati erano già decorsi quando il Consiglio di Stato ne ha disposto la sospensione con ordinanza n. 4519 del 27 agosto 2021 (mentre l’ordine di demolizione non era stato sospeso nel precedente giudizio presso il TAR), né si può ritenere che l’impugnativa dell’ordinanza di demolizione abbia sospeso, sic et simpliciter (a prescinde dall’eventuale accoglimento della domanda cautelare), l’efficacia dell’ordine demolitorio impartito dall’autorità amministrativa. Peraltro, non risulta neanche che, successivamente alla definizione del giudizio con sentenza n.7254/2023, il ricorrente abbia dato la propria disponibilità alla demolizione delle opere abusive realizzate.
- È infondato anche il secondo motivo, con il quale parte ricorrente contesta al Comune di aver esercitato il potere repressivo (demolizione d’ufficio) pur dopo la presentazione dell’istanza di sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
Al riguardo, si osserva che, secondo un orientamento interpretativo condiviso da questo Tribunale, la pendenza dell’istanza per accertamento di non determina l’illegittimità del provvedimento repressivo, come sostenuto dal ricorrente, ma solo una situazione di “inefficacia”, a carattere temporaneo, dello stesso, destinata a cessare una volta definito il procedimento di sanatoria.
In particolare, è stato sostenuto che “la presentazione della domanda di accertamento di conformità, successiva all’ordine di demolire gli abusi, non paralizza i poteri sanzionatori del Comune, preposto alla tutela del governo del territorio; la domanda non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o caducazione dell’ingiunzione di demolire ma esclusivamente uno stato di quiescenza e di temporanea non esecutività del provvedimento, finché perduri il termine di decisione previsto dalla legge e non si sia formato l’eventuale atto tacito di diniego. Pertanto, una volta decorso tale termine e in mancanza di impugnazione giurisdizionale tempestiva del diniego tacito, l’ingiunzione di demolizione riprende ipso facto vigore e non occorre in nessun caso una riedizione del potere sanzionatorio da parte dell’Amministrazione procedente (T.A.R. Napoli sez. III,02/04/2015, n. 1982 e T.A.R. Napoli sez. III, 02/12/2014, n. 6302)” (cfr., da ultimo, TAR Napoli sez. III, 16 settembre 2024, n. 4975).
Pertanto, nel caso di specie, a seguito della definizione del procedimento di sanatoria in senso sfavorevole al ricorrente, il provvedimento repressivo ha riacquistato la sua efficacia.
- Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ancora una volta, la violazione dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, in quanto il Comune non avrebbe valutato la concreta fattibilità della demolizione e l’eventuale applicazione della cd. fiscalizzazione dell’abuso.
Tale profilo è stato ritenuto meritevole di approfondimento dal Consiglio di Stato nella citata ordinanza n. – OMISSIS – del 22 dicembre 2023, che ha riformato il provvedimento di questo TAR che aveva rigettato la domanda cautelare presentata dal ricorrente con il ricorso introduttivo.
Al riguardo, si osserva che, nella relazione depositata dal Comune in data 5 giugno 2024, l’amministrazione ha confermato quanto sinteticamente indicato nel provvedimento impugnato, che ha disposto la demolizione d’ufficio, ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, ossia che il ripristino dello stato dei luoghi era possibile “mediante la c.d. demolizione controllata”, precisando di aver verificato la fattibilità delle singole lavorazioni dettagliate nell’elaborato tecnico denominato “computo metrico” (versato in atti), senza che sia alterata la staticità delle parti dell’immobile realizzate legittimamente.
Né parte ricorrente ha dimostrato in alcun modo quale lavorazione possa concretizzare i rischi paventati.
Una volta accertata la possibilità tecnica di procedere alla riduzione in pristino, la demolizione costituisce, per l’amministrazione, un atto dovuto.
Infatti, la giurisprudenza ha più volte precisato che l’applicazione della sanzione pecuniaria, ossia della cd. fiscalizzazione, è possibile solo qualora non si possa procedere alla restituzione in pristino, alla luce di una valutazione in concreto effettuata dall’amministrazione.
Nel caso di specie, le stesse indicazioni contenute nel “computo metrico” in ordine a modalità e costi della procedura per la demolizione confermano ex se la valutazione positiva a monte dell’amministrazione circa la possibilità tecnica della rimozione delle opere abusive.
- È infondato anche il quarto motivo, in quanto in calce alla stessa determinazione impugnata vi è evidenza dell’acquisizione del visto di regolarità contabile del Responsabile del Settore Finanziario, ex artt. 147-bis del d.lgs. n. 267/2000.
16.Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti; le spese, secondo la regola della soccombenza, vanno poste a carico di parte ricorrente, in favore del difensore distrattario dell’amministrazione resistente, nell’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del difensore distrattario del Comune di Davoli, delle spese di lite, da liquidarsi nella somma forfettaria di euro 4.000,00 (quattromila/00), alle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Ivo Correale, Presidente
Vittorio Carchedi, Referendario, Estensore
Giampaolo De Piazzi, Referendario
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Vittorio Carchedi |
Ivo Correale |
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IL SEGRETARIO