Il TAR Sicilia, Catania, con la sentenza n. 2978 del 5 settembre 2024, ha affrontato la questione della legittimazione dei consiglieri e degli assessori comunali a impugnare le delibere della Giunta municipale. In particolare, ha precisato che tale legittimazione può essere riconosciuta unicamente quando gli atti dell’organo di governo comunale siano idonei a incidere sulle competenze specificamente riservate ad altro organo, come il Consiglio comunale, e quando quest’ultimo sia stato escluso dal circuito procedimentale preordinato alla verifica della legittimità e opportunità della decisione. Il presupposto per l’ammissibilità del ricorso risiede, quindi, nell’esautorazione “ab externo” delle competenze del Consiglio comunale, delineate dalla legge o dallo statuto comunale, attraverso l’adozione di atti da parte della Giunta che incidano direttamente sull’ambito di attribuzioni proprie dell’organo consiliare.La sentenza chiarisce ulteriormente che la legittimazione a ricorrere dei consiglieri e degli assessori comunali avverso gli atti adottati dalla Giunta o dal Consiglio stesso è circoscritta ai casi di lesione dello “ius ad officium.” Tale lesione si verifica quando l’atto amministrativo in questione impedisce ai consiglieri e agli assessori di esercitare in modo effettivo le proprie funzioni e prerogative istituzionali connesse al mandato pubblico. Pertanto, il riconoscimento della legittimazione è subordinato alla dimostrazione di un pregiudizio concreto e attuale alle competenze istituzionali dell’organo leso.
Pubblicato il 05/09/2024
- 02978/2024 REG.PROV.COLL.
- 01766/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1766 del 2022, proposto da Marica Terranova, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Trimboli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Adrano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Agatino Cariola e Fabrizio Filiberto Fiorito, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
il Sindaco del Comune Adrano, i Componenti Giunta Comunale, il Consiglio Comunale di Adrano, il Presidente del Consiglio Comunale, il Presidente del Collegio Revisori dei Conti, il Segretario Generale Comunale, il Vicesegretario Comunale, non costituiti in giudizio;
il Ministero dell’Interno – Ufficio territoriale del governo di Catania – l’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
per l’annullamento
– delle delibere della giunta municipale di Adrano:
– n.196 del 10.10.2022, – n. 203 del 10.10.2022, – n.195 del 20.9.2022; – n.193 del 14.9.2022, – n.190 del 9.9.2022; – n. 187 dell’1.9.2022. – n. 172 dell’11.8.2022, – n. 192 del 9.9.2022 – n.175 dell’11.8.2022, – n. 176 dell’11.8.2022, – n. 194 del 20.9.2022; – n.183 del 31.8.2022; – n. 198 del 10.10.2022, – n. 202 del 10.10.2022, – n.201 del 10.10.2022, – n.199 del 10.10.2022,
– di ogni altro atto e/o provvedimento antecedente o successivo, comunque presupposto connesso o conseguenziale, ivi compresi:
– se occorresse, per quanto di utilità alla presente impugnazione, i verbali (sconosciuti alla ricorrente) delle sedute di Giunta Municipale relativi ad ognuna delle deliberazioni di Giunta Municipale sopra sub punto 1 indicate in dettaglio;
– se occorresse, per quanto di utilità alla presente impugnazione, gli atti, ove esistenti, sconosciuti alla ricorrente, relativi alle convocazioni e/o di mancata convocazione della ricorrente medesima, per ognuna delle sedute della Giunta municipale (di data relativa alle sopra indicate delibere di G.M.) fissate per l’assunzione delle suddette delibere della Giunta Municipale medesima;
– l’atto a firma del Segretario Generale Comunale del 14.10.2022 n. 32993 di protocollo comunale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Adrano, del Ministero dell’Interno (Ufficio Territoriale del Governo di Catania) dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica della Regione Siciliana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 maggio 2024 il dott. Calogero Commandatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso regolarmente notificato il 17 novembre 2022 e depositato il 21 novembre 2022, la ricorrente premessa la sua qualità di elettrice e di consigliere comunale del Comune di Adrano fino al 14 ottobre 2022 ha impugnato le delibere della Giunta comunale indicate in oggetto poiché adottate in sua assenza e senza sua regolare convocazione quale assessore della giunta comunale con delega alla cultura e pubblica istruzione e, perciò lamentando:
1) la violazione, falsa, errata e/o mancata applicazione degli artt. 23, 28, 29, 30 e 34 dello statuto comunale. violazione del principio di libertà delle forme violazione delle norme sul riparto di competenze tra giunta e consiglio comunale ex artt. 42 e 48 del t.u.ee.ll. siciliani – violazione degli articoli 1 e 3 della legge 241/90 e della l. reg. 10/91 e successive modifiche. Eccesso di potere per mancanza di presupposto, difetto di motivazione, contraddittorietà e travisamento. Sviamento della causa tipica, illogicità. Violazione dell’interesse pubblico. Violazione dei principi di buona andamento e trasparenza e dell’art. 97 Cost.
In sintesi, parte ricorrente lamenta l’illegittimità delle delibere di giunta impugnate stante l’irregolare convocazione dell’organo che le ha adottate.
2) violazione e/o falsa applicazione degli articoli 97 e 147 del d.lgs. 267/2000, dell’art.1 della l.190/2012. violazione dell’art. 97 della costituzione. violazione dei compiti di istituto del segretario generale, altresì in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art.16 del regolamento comunale di Adrano per l’ordinamento degli uffici e dei servizi, nonché degli articoli 2 e 9, e altri appresso specificati, del regolamento comunale su controlli interni del comune di Adrano. Eccesso di potere per travisamento, difetto di motivazione, sviamento di potere e dell’interesse pubblico. Violazione degli articoli 1 e 3 della l. n. 241/1990.
Con tale motivo parte ricorrente prospetta l’illegittimità delle delibere impugnate nonché dell’atto del Segretario Generale reso il 14.10.2022 che ha rifiutato in di assumere qualsivoglia provvedimento di verifica, controllo e quant’altro di necessità circa la conformità alla legge delle predette delibere della giunta municipale.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero e l’Assessorato regionale intimati che con successiva memoria hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto estranei al rapporto controverso.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato che ha preliminarmente eccepito
- a) l’inammissibilità del ricorso:
1) per difetto di legittimazione in capo alla ricorrente, la quale agisce solo «quale cittadina elettrice di tale Comune e quale consigliere componente l’attuale Consiglio Comunale del Comune di Adrano» e, stante, pertanto, l’assenza di una situazione giuridica personale qualificata e differenziata che possa far riconoscere in capo alla ricorrente la titolarità di un interesse legittimo e la conseguente legittimazione processuale;
2) volto a sindacare un rapporto interorganico con la conseguente assenza di una lesione alla sfera personale dell’avv. Terranova quale assessore comunale di Adrano sino al 14 ottobre 2022;
3) in quanto volto a sindacare la legittimità di atti adottati all’unanimità dagli assessori presenti e in assenza di una specifica prova controfattuale sull’eventuale diverso esito scaturente dalla sua presenza;
4) per la mancata notificazione ai soggetti controinteressati contemplati le deliberazioni della G.M. di Adrano aventi ivi contemplati;
5) con riferimento alle deliberazioni di G.M. di Adrano che contengono meri atti di indirizzo e/o di proposta, privi di valenza lesiva in assenza dei provvedimenti attuativi;
6) avverso atti dovuti il cui contenuto non sarebbe stato diverso in ogni caso anche se l’avv. Terranova avesse voluto partecipare alle sedute della Giunta;
- b) l’irricevibilità del ricorso
per tardività con riferimento avverso alle deliberazioni di G.M. di Adrano adottate anteriormente ai 60 giorni dalla notifica del ricorso introduttivo;
- c) l’infondatezza del gravame nel merito.
Con successiva memoria, la parte ricorrente ha esposto di agire a tutela della sua posizione istituzionale e personale (comunque distinte) e qualificata altresì dall’essere attualmente consigliere comunale e dunque per fare valere il vulnus alle sue prerogative consiliari (recato dai deliberati della giunta municipale che non potevano e non dovevano arrivare in consiglio comunale geneticamente viziati dalla mancata convocazione di un componente della giunta). L’interesse nasce dal fatto che il consiglio comunale ed in primis, i singoli consiglieri, non possono essere chiamati a deliberare – con le connesse responsabilità anche di carattere amministrativo e contabile – su atti che a monte non potevano essere assunti né promulgati.
Con ordinanza, di cui non consta appello, questo Tribunale ha rigettato l’istanza cautelare.
All’udienza pubblica del 29 maggio 2024, presenti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Preliminarmente deve accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla difesa erariale – con la conseguente estromissione (nozione afferente alle ipotesi di cui agli artt. 108 e 109 c.p.c., ma estensibile per autorevole dottrina anche alle ipotesi di difetto di legittimazione passiva) di detta amministrazione dal giudizio – giacché, art. 41 c.p.a. esclude la legittimazione passiva per le amministrazioni od enti che – come il Ministero e l’Assessorato intimati – non abbiano adottato la determinazione finale (T.a.r. per la Valle D’Aosta, sez. I, 31 luglio 2020, n. 29) dovendosi, inoltre, rilevare come gli atti adottati dal segretario generale siano imputabili all’ente comunale, in ragione del rapporto organico sussistente.
Il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione a ricorrere.
Come già evidenziato dalla giurisprudenza occorre ricordare come in linea di principio, il consigliere comunale (al pari del Sindaco e degli Assessori), come tale, non sia legittimato ad agire contro «l’Amministrazione di appartenenza, in quanto il processo amministrativo è finalizzato alla risoluzione di controversie intersoggettive e non è, di regola, aperto anche a quelle tra organi o componenti di organi dello stesso ente; deve, però, riconoscersi la legittimazione attiva all’organo (Sindaco, Consiglio, Giunta) o a singoli componenti dello stesso (Sindaco, Consiglieri, Assessori), allorquando vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul munus e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica interferenti come tali sul corretto esercizio del mandato”» (T.a.r. per la Sicilia, sez. I, 29 gennaio 2013, n. 204).
Il consigliere comunale può legittimamente esercitare la generale legittimazione al ricorso solo quando viene in rilievo una lesione diretta delle sue prerogative, ossia del munus che gli viene riconosciuto dall’ordinamento (Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2007).
Nella fattispecie in esame, legittimazione attiva della parte ricorrente all’impugnazione delle deliberazioni di giunta, di cui meglio in epigrafe, è carente in quanto atti non incidono sulla funzione della ricorrente e sui poteri del consiglio comunale (cfr. T.a.r. per la Sicilia Catania, sez. III, 30 giugno 2010, n. 2610).
Né tra tali prerogative di ogni singolo consigliere o del consiglio comunale può includersi la pretesa di esaminare o decidere su delibere della giunta municipale immuni da qualsiasi vizio di legittimità (come prospettato nei motivi di ricorso), poiché tale verifica rientra nelle attribuzioni del consiglio comunale, che – in relazione alle proprie competenze e con le specifiche regole della collegialità – svolge un’autonoma e insindacabile valutazione di tali atti in termini di legittimità e opportunità.
Diversamente opinando, infatti, questo giudice dovrebbe sostituirsi alle valutazioni – ampiamente discrezionali – già formulate su tali profili dal consiglio comunale in sede collegiale, inserendosi nel dibattito tra consiglio e giunta comunale, che, come organi della stessa persona giuridica, non sono legittimati a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo, l’uno contro gli atti dell’altro (in termini, Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2013, n. 2213).
Nei predetti casi, la legittimazione a ricorrere (nel caso di specie del consiglio comunale e dei singoli consiglieri) può predicarsi solamente nell’ipotesi in cui gli atti di un organo di governo del comune siano idonei ad incidere sulle competenze riservate ad un altro organo e quest’ultimo sia stato escluso dal circuito procedimentale di verifica della legittimità e opportunità di tale determinazione, venendo, in sostanza, esautorato ab externo delle competenze (delineate dalla legge o dallo statuto) ad esso riservate.
In altre parole, la legittimazione a ricorrere dei consiglieri comunali avverso gli atti adottati dagli organi di appartenenza nei ristretti limiti tracciati dalla lesione dello “ius ad officium”, limiti che non appaiono violati nel caso in cui emergono motivi di ricorso – come quelli in esame – afferenti a meri profili di legittimità dell’azione amministrativa non incidenti sulla posizione giuridica del ricorrente, in qualità di consigliere comunale. Solo la lesione diretta ed immediata del diritto all’ufficio della predetta carica istituzionale può fare sorgere, quindi, la legitimatio, ovvero l’interesse personale al ricorso al fine del ripristino della situazione sostanziale lesa, attraverso la rimozione della situazione antigiuridica affidata all’organo giurisdizionale (T.a.r. per la Campania, Salerno, sez. II, 22 ottobre 2015, n. 2211).
Si aggiunga altresì come il ricorso presenti un’evidente scissione tra i motivi – che come già detto non riflettono alcun vulnus allo status di consigliere comunale – e la prospettazione in ordine alla legittimazione a ricorrere, ancorata invece a tale qualifica per quale la ricorrente non può lamentare alcuna né diretta né riflessa nei sensi ut supra delineati.
I precedenti giurisprudenziali citati dalla difesa della ricorrente all’udienza pubblica non incidono su tali argomentazioni poiché:
– la sentenza del Consiglio di Stato n. 998/2002 verte su una controversia promossa da un ricorrente direttamente leso – nella propria sfera giuridica e non già quale titolare di un munus pubblico – dalla deliberazione di un organo collegiale;
– le sentenze del T.a.r. per la Puglia n. 6594/2003, del T.a.r. per la Campania n. 9129/2018, T.a.r. per la Sicilia, Catania, nn. 669/2020, n. 2194/2009 avevano ad oggetto controversie – differenti dal caso in esame – e afferenti al diritto di partecipazione alle sedute del consiglio comunale o della corretta formazione della volontà di tale organo sollevate dal singolo consigliere comunale, che, in quanto componente di tale consesso, sotto tale profilo, lamentava il vulnus al proprio status;
– la sentenza del T.a.r. per la Sicilia, Catania n. 456/2003 involgeva una questione di conflitto interorganico tra sindaco e consiglio comunale il cui il primo lamentava non già la mera illegittimità delle delibere consiliari, ma la violazione della propria sfera di competenza, normativamente prevista;
– la sentenza del T.a.r. per la Puglia, Lecce, n. 328/2010 – le cui conclusioni non sono condivise da questo Collegio – in ogni caso concerneva una questione di conflitto interorganico tra la giunta comunale e singoli consiglieri comunali che lamentavano la violazione della sfera di competenza del consiglio comunale e, di riflesso, le prerogative afferenti al proprio ufficio.
In conclusione, assorbiti tutti gli ulteriori profili in rito e nel merito, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La peculiarità della questione e la natura degli interessi coinvolti legittimano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione del Ministero e dell’Assessorato regionale intimati, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Primo Referendario
Calogero Commandatore, Primo Referendario, Estensore
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Calogero Commandatore |
Pancrazio Maria Savasta |
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IL SEGRETARIO