Con il parere n. 849 del 5 luglio 2024, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per la durata di sei mesi, inflitta a un militare per la detenzione di sostanze stupefacenti destinate a uso personale. Il Collegio ha sottolineato che tale condotta costituisce una violazione manifesta dei doveri di correttezza e lealtà assunti con il giuramento prestato dal militare, risultando incompatibile con le responsabilità connesse al ruolo e al grado rivestiti. Inoltre, l’uso di sostanze stupefacenti altera l’equilibrio psichico dell’individuo, compromettendo l’esemplarità della condotta e ponendosi in contrasto con gli obblighi attinenti allo status militare. La Corte ha altresì evidenziato che tale condotta lede il prestigio delle Forze armate o del Corpo di appartenenza e influisce negativamente sulla formazione professionale del militare. Non si evince, infine, alcun profilo di sproporzione, atteso che, in situazioni analoghe, è frequentemente applicata la sanzione espulsiva, attestando così la gravità dell’infrazione disciplinare in esame. 

Numero 00849/2024 e data 05/07/2024 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 19 giugno 2024

NUMERO AFFARE 01368/2023

OGGETTO:

Ministero della difesa.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal primo graduato dell’Esercito Italiano, -OMISSIS- – contro il Ministero della difesa – avverso il decreto ministeriale n. M_D -OMISSIS- del -OMISSIS-, con il quale è stata disposta la sospensione disciplinare dall’impiego per mesi sei.

LA SEZIONE

Vista la relazione prot. n. M_D AB05933 REG2023 0561341 del 27 settembre 2023 trasmessa con nota prot. n. 0662282 in data 10 novembre 2023, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Sandro Menichelli.

Premesso in fatto e considerato in diritto quanto segue.

  1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dal decreto ministeriale n. M_D -OMISSIS- del -OMISSIS- con il quale è stata disposta la sanzione di stato della sospensione disciplinare dall’impiego per sei mesi al primo graduato dell’Esercito Italiano -OMISSIS-.
  2. Alla stregua della documentazione acquisita al fascicolo d’ufficio e delle circostanze di fatto riportate negli scritti difensivi e non specificamente contestate dalle rispettive controparti, emerge che:
  3. a) nel corso di un controllo effettuato nelle prime ore del mattino del -OMISSIS- in -OMISSIS-, personale di pattuglia dell’Arma dei carabinieri trovava il primo graduato -OMISSIS-, unitamente a un civile, in possesso di tre contenitori elettrosaldati contenenti un totale di 1,70 grammi lordi di sostanza stupefacente di tipo “cocaina”;
  4. b) il -OMISSIS- il comandante delle Forze operative terrestri di supporto disponeva la sottoposizione del -OMISSIS- a un’inchiesta formale disciplinare ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
  5. c) in data -OMISSIS- si procedeva alla contestazione degli addebiti;
  6. d) il legale del -OMISSIS- presentava una memoria difensiva in data -OMISSIS-;
  7. e) il -OMISSIS- l’ufficiale inquirente produceva la relazione finale in merito ai fatti contestati;
  8. f) in esito alla relazione finale e alla memoria difensiva dell’inquisito, il comandante delle Forze operative terrestri di supporto il -OMISSIS- proponeva l’adozione della sanzione di stato di sei mesi di sospensione dall’impiego;
  9. g) in adesione a tale proposta, il direttore generale per il personale militare, con provvedimento n. M_D -OMISSIS- in data -OMISSIS-, notificato il -OMISSIS-, decretava, nei confronti del -OMISSIS-, la sanzione di stato della sospensione disciplinare dall’impiego per mesi sei.
  10. L’interessato ha proposto ricorso straordinario, corredato da domanda cautelare, articolando tre motivi (estesi da pagina 9 a pagina 22 del gravame).

3.1. Con il primo motivo (esteso da pag. 9 a pag. 14) si lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge 241/1990. Difetto di motivazione e di istruttoria..

3.2. Con il secondo motivo (esteso da pag. 14 a pag. 19) si contesta “Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1355 d. lgs 15 marzo 2010, n. 66 (Codice Ordinamento Militare)”.

3.3. Con il terzo motivo (esteso da pag. 19 a pag. 22) si deduce “Eccesso di potere sotto il profilo dell’errata valutazione dei fatti, difetto ed erroneità dei presupposti. Eccesso di potere per travisamento dei fatti Irragionevolezza”.

  1. Nel corso del procedimento:
  2. a) il Ministero, con la nota prot. n. M_D AB05933 REG2023 0561341 del 27 settembre 2023, ha prodotto la relazione istruttoria con la quale, rilevata l’insussistenza dei presupposti posti a fondamento della domanda cautelare, ha concluso, in via preliminare, per l’inammissibilità del ricorso e, nel merito per la sua infondatezza.

Per quanto concerne la rilevata inammissibilità del gravame, l’amministrazione ha evidenziato che il ricorrente, tendendo “a sollecitare, in sostanza, un riesame sui fatti e sull’apprezzamento compiuto dall’Autorità irrogante la sanzione”, ha prospettato un sindacato diverso da quello di legittimità che per legge, viceversa, è l’unico configurabile in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

In ordine al merito della pretesa, invece, l’amministrazione si è soffermata sui profili della proporzionalità della sanzione e dell’obbligo di motivazione del provvedimento, entrambi oggetto di doglianza. Infatti, mentre in ordine al primo profilo la parte resistente ha osservato “che la scelta compiuta dall’Amministrazione, in ordine al tipo di sanzione da irrogare, non è censurabile salvo che non appaia manifestamente illogica e ingiusta, in quanto il giudizio sulla punibilità del comportamento rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione e non può essere sindacato se non per evidenti ragioni di contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti, ovvero, quanto alla misura, per evidente sproporzione tra i fatti contestati e la sanzione inflitta: ipotesi che, nel caso di specie, non si ravvisano”, circa l’obbligo di motivazione ha evidenziato che “lo stesso è assolto quando la suddetta motivazione può essere ricavata dalla lettura degli atti attinenti alle varie fasi in cui si articola il provvedimento […] anche attraverso il richiamo al contenuto argomentativo di altro atto dell’Amministrazione, per mezzo della c.d. motivazione ob relationem […] a condizione che detto ultimo atto sia reso disponibile al destinatario”;

  1. b) il Dicastero, con nota prot. n. 0662282 del 10 novembre 2023, ha trasmesso una memoria di replica del ricorrente datata 9 novembre 2023 con la quale, nel confermare le richieste di cui al ricorso, ha sostanzialmente evidenziato “la lacunosità, illogicità e irrazionalità della istruttoria e della ricostruzione dei fatti”, “l’assenza di prove certe e inconfutabili”, la sproporzione della sanzione, considerato che “il fatto contestato è particolarmente tenue”, l’erronea considerazione da parte del Ministero “della dichiarazione resa dallo stesso -OMISSIS- ai Carabinieri nell’immediatezza del fatto”;
  2. c) in riscontro alla comunicazione presidenziale del 12 gennaio 2024, il legale della parte attorea, con nota in data 1 febbraio 2024, trasmessa dal Ministero con nota prot. n. 0296271 del 16 maggio 2024, ha manifestato la sussistenza dell’interesse alla definizione del gravame.
  3. Alla adunanza del 19 giugno 2024 l’affare è stato trattenuto in decisione.
  4. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
  5. In premessa, il Collegio deve rilevare che, in relazione alla fattispecie in esame, un costante orientamento giurisprudenziale ha avuto modo di ritenere legittima l’irrogazione delle sanzioni più gravi della perdita del grado per rimozione o della destituzione (previste dai diversi ordinamenti), nei confronti del militare o dell’appartenente alle forze di polizia a ordinamento civile che abbia fatto uso, anche isolato, di sostanze stupefacenti, considerato che tale uso – che concreta una palese violazione dei doveri di correttezza e di lealtà assunti con il giuramento prestato – da un lato, costituisce, a prescindere da ogni altra considerazione circa i precedenti di servizio dell’incolpato, una condotta frontalmente confliggente con i doveri del ruolo ed oggettivamente incompatibile con la prospettica prosecuzione nel servizio e, dall’altro, altera certamente l’equilibrio psichico, inficia l’esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti al proprio status e al grado o alla qualifica rivestiti, influisce negativamente sulla formazione e lede il prestigio della Forza armata o del Corpo di appartenenza (cfr., ex aliis, Cons. Stato, sez. IV n. 484 del 2020, n. 413 del 2017, n. 2458 del 2010, n. 2705 del 2005; sez. III, n. 3371 del 2011; sez. VI, n. 763 del 2008, n. 3306 del 2006).

Nondimeno, sempre per consolidata giurisprudenza, la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente, in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. Tale “sproporzionalità”, anche quando espressione del “gradualismo sanzionatorio” sussiste pertanto solo laddove la scelta dell’Amministrazione trasmodi in abnormità, non potendo essere messo in discussione il disvalore sociale attribuito alla condotta stigmatizzata, per giunta in raffronto con la peculiarità del ruolo che connota un militare o un operatore di polizia (ex multis, Cons. Stato, sez. I, n. 1632 del 2023, n.1429 del 2020; sez. II, n.9908 del 2023, n. 1562 del 2023; sez. II, n. 2001 del 2022; sez. II, n. 8463 del 2020; sez. IV, n. 7880 del 2020; sez. III, n. 206 del 2016; sez. VI, n.5723 del 2009).

Tale ampia discrezionalità, quindi, investe la valutazione dei fatti ascritti al dipendente nonché il convincimento sulla gravità delle infrazioni e la conseguente sanzione da infliggere, soprattutto in considerazione degli interessi pubblici che, attraverso tale procedimento, devono essere tutelati (Cons. Stato, sez. II, n.9908 del 2023, n. 5261 del 2022).

  1. Premesso tale inquadramento, si può scendere all’esame dei diversi profili di censura avanzati dal ricorrente.

8.1. Al riguardo, in via preliminare il Collegio osserva che le censure rivolte alla qualificazione del fatto e all’entità della sanzione irrogata sono inammissibili allorquando impingono direttamente nel merito delle valutazioni riservate all’autorità disciplinare (Cons. Stato, sez. I, n. 1632 del 2024; sez. IV, n. 2428 del 2021, n. 3869 e n. 2053 del 2020).

8.2. Con il primo motivo di censura il ricorrente evidenzia il carattere generico, tautologico e lacunoso della motivazione del provvedimento gravato. Tale doglianza non appare condivisibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’obbligo motivazionale è attenuato, e assolto attraverso il puntuale riferimento al fatto addebitato, in relazione a condotte di particolare rilievo che rendono insuscettibile di ridimensionamento la sanzione irrogata, in specie a fronte di comportamenti palesemente contrari ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare (Cons. Stato, sez. I, n. 1632 del 2023; sez. IV, n. 2107 del 2020)

Nel caso di specie non ricorre quindi alcun vizio motivazionale atteso che l’adeguatezza della motivazione, nello specifico, risulta dall’esistenza di una sufficiente connessione logico-giuridica tra le responsabilità effettivamente accertate e la sanzione disciplinare adottata, atteso che nel provvedimento impugnato si fa riferimento sia al possesso degli stupefacenti sia all’ammissione, da parte del -OMISSIS-, del loro uso. In ogni caso, ai fini della sufficienza della motivazione i fatti addebitati rilevano nella loro consistenza storica e per il giudizio di disvalore che ne è stato tratto. Inoltre, rileva il Collegio, la circostanza che siano emersi a seguito di un controllo operato in un luogo pubblico da una pattuglia dell’Arma dei carabinieri acquista essa stessa un significativo rilievo ex se.

A parte ogni considerazione sulla piena legittimità della motivazione finanche quando richiama per relationem altri atti, nel caso di specie va rilevato cioè che è sufficiente che emergano dal provvedimento i fatti da cui è scaturita la scelta di avviare il procedimento disciplinare e l’apprezzamento negativo degli stessi, tale da indurre l’Amministrazione a considerarli incompatibili con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento ovvero con le finalità della Forza armata (Cons. Stato, sez. II, n. 8463 del 2020; sez. IV, n. 2415 del 2009; n. 3887 del 2007, n. 339 del 2006, n. 5622 del 2005).

8.3. Miglior sorte non tocca alla seconda censura, a mezzo della quale il -OMISSIS- lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1355 c.m. in considerazione della sproporzione tra il fatto commesso e la sanzione irrogata.

Nel caso di specie non può ravvisarsi sproporzione della sanzione inflitta rispetto agli addebiti mossi.

In generale, quanto ai profili della adeguatezza della sanzione e della sua proporzionalità, va richiamata la giurisprudenza secondo cui il relativo principio consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario (art. 5, ultimo comma, del Trattato C.E., e ora art. 5, comma 4, del Trattato U.E.), non consente di per sé di sindacare il merito dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4381). Di conseguenza, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ed il suo corollario in campo disciplinare rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, vieta al giudice amministrativo di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall’autorità disciplinare, soggette solo a sindacato ab externo, qualora trasmodino nell’abnormità ovvero in evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità e irragionevolezza, che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l’infrazione e il fatto (cfr., ex multis, Cons. Stato, Ad. gen., pareri nn. 1214 del 2023 e 135 del 2018, sez. IV, n. 2428 del 2021, n. 7880 del 2020, n. 4761 del 2020, n. 7335 del 2019, n. 1302 del 2017; sez. III, n. 3652 del 2019). Nella fattispecie all’esame, tuttavia, l’impugnata sanzione non appare abnorme, arbitraria, illogica o irragionevole, in quanto – ricondotto il perimetro del sindacato giurisdizionale nei limiti della “non manifesta sproporzionalità”- irrogata in ragione di una condotta gravemente contraria alle finalità e al prestigio della Forza armata di appartenenza.

Ne discende che non può dubitarsi della legittimità della sanzione di stato inflitta nel caso di specie, in quanto, il comportamento ascritto al graduato lede, all’evidenza, all’interno del consorzio militare, i principi di moralità e di rettitudine e, all’esterno, il prestigio dell’Amministrazione militare.

Del resto, la dichiarazione del -OMISSIS-, rilevabile nel verbale di contestazione, con prova di sostanze stupefacenti eseguita con narco-test, controfirmato dall’interessato, diretta a evidenziare “È la prima volta che ne faccio uso di cocaina” e successivamente, “Ripeto è la prima volta che ho provato cocaina”, non implica alcun depotenziamento della portata lesiva del prestigio del militare e della Forza armata secondo il significato in termini di disdoro o biasimo attribuito all’episodio dall’amministrazione di appartenenza

Quanto poi alla possibilità di mitigare gli esiti del giudizio disciplinare attingendo ad una valutazione della condotta complessiva del militare, peraltro genericamente invocata, la giurisprudenza ha più volte ricordato come i positivi precedenti di carriera non si possono considerare rilevanti, nel caso di procedimento disciplinare, ai fini dell’individuazione in concreto della sanzione da comminare a maggior ragione ove venga all’evidenza un illecito, quale quello su cui si verte, che impone, secondo il discrezionale giudizio dell’amministrazione, una sanzione del dipendente il cui comportamento è stato giudicato incompatibile con il proprio status di militare (Cons. Stato, sez. II, n. 1562 del 2023; sez. IV, n. 7880 del 2020, n.1903 del 2009).

8.4. Con il terzo motivo si contesta il travisamento e l’errata interpretazione dei fatti e il mancato approfondimento in sede istruttoria delle circostanze salienti.

Tale censura non è accoglibile.

Infatti, premesso che il procedimento disciplinare ha preso le mosse da un verbale– che, si ricorda, fa prova fino a querela di falso – redatto da militari dell’Arma dei carabinieri in esito a un controllo effettuato nelle prime ore del mattino del -OMISSIS- nei confronti dell’odierno ricorrente, il fatto dell’essere stato trovato in possesso di una sostanza stupefacente e di avere ammesso di averne fatto uso, nella sua materialità, è incontestato. Ne deriva, quindi, l’oggettiva non configurabilità di un travisamento dei fatti da parte dell’autorità gerarchica la quale nel procedimento disciplinare – come risulta per tabulas – ha correttamente acquisito le difese del militare, acclarato i fatti e comunque valutato la personalità e il percorso professionale del -OMISSIS-.

L’amministrazione, nell’ambito dell’inchiesta formale, ha cioè ripercorso in modo analitico e puntuale i diversi profili fattuali e le risultanze istruttorie, obiettivamente e contestualmente considerate, e il complesso di tali elementi ha contribuito in modo preciso e concordante a delineare un quadro di riferimento comportamentale che, a conclusione di un articolato procedimento condotto nel pieno rispetto della normativa di settore, è stato ritenuto contrario alle norme di comportamento e lesivo del prestigio dell’istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito.

  1. A tanto consegue il rigetto del ricorso, con assorbimento dell’esame della domanda cautelare.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso sia dichiarato infondato.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Sandro Menichelli

Vito Poli

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

Elisabetta Argiolas

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.