Nella questione sottoposta al TAR Lombardia, relativa all’interpretazione dell’art. 208, comma 13, lettera c) del d.lgs. n. 152/2006, in merito alla revoca dell’autorizzazione ambientale, la ricorrente sosteneva che la revoca potesse avvenire solo in presenza di due presupposti cumulativi: l’inadempimento alle prescrizioni della diffida e la verifica di una situazione concreta di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente. Tuttavia, il Tribunale amministrativo ha ritenuto tale interpretazione infondata, chiarendo che, secondo il testo letterale della norma, l’autorità competente può procedere alla revoca dell’autorizzazione esclusivamente in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni impartite con la diffida. In altre parole, la revoca non richiede la dimostrazione di ulteriori situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente, bensì è una conseguenza automatica del mancato rispetto delle prescrizioni stesse. Questa posizione si fonda sul principio per cui la norma stabilisce una condizione di revoca distinta e alternativa rispetto all’accertamento di un concreto pericolo, confermando così la prevalenza dell’inadempimento alle prescrizioni rispetto alla valutazione del rischio ambientale. La sentenza conferma, quindi, che l’art. 208, comma 13, lett. c) del d.lgs. n. 152/2006 prevede la revoca automatica in caso di inosservanza delle prescrizioni, senza necessità di ulteriori accertamenti circa la sussistenza di pericoli ambientali o per la salute pubblica.

 Pubblicato il 28/06/2024

  1. 02029/2024 REG.PROV.COLL.
  2. 01543/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1543 del 2020, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara Baccinelli, Paolo Giovanni Ramaioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Città Metropolitana di Milano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marialuisa Ferrari, Nadia Marina Gabigliani, Alessandra Zimmitti, Giorgio Giulio Grandesso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Milano, via Vivaio, 1;

nei confronti

Comune di Liscate, Agenzia Regionale per L’Ambiente della Lombardia, Agenzia della Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano; non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

del decreto dirigenziale n. 3628 del 10.6.2020 – fasc. n. 9.11/2010/1393 – n. prot. 102640 del 11.6.2020, della Città Metropolitana di Milano, Area Ambiente e Tutela del Territorio – Settore Rifiuti Bonifiche, recante revoca dell’autorizzazione r.g. n. – del 26.3.2012, come modificata dalle autorizzazioni n. – del 15.11.2012 e n. – del 28.6.2019, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso, , ivi compresi la relazione di sopralluogo n. 77716 del 20.4.2020 e – se ed in quanto occorra – il verbale di sopralluogo dell’11.2.2020 ad essa allegato, nonché la diffida raccolta generale n. 406 del 23.1.2020 e la relazione di sopralluogo ad essa allegata, in uno – se ed in quanto occorra – con il relativo verbale di sopralluogo del 4.12.2019.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Città Metropolitana di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente opera nel settore del ritiro trasporto e smaltimento dei rifiuti non pericolosi, e svolge tale attività presso un impianto sito nel territorio del Comune di Liscate (MI).

Con atto di diffida n. 406 del 23.1.2020 della Città Metropolitana, richiamate le risultanze di un primo sopralluogo tenutosi in data 4.12.2019, veniva richiesto alla società ricorrente di adeguare la propria attività alle prescrizioni delle autorizzazioni, e in particolare, di sospendere l’attività di ritiro dei rifiuti fino ad avvenuta conformazione dell’impianto al lay out autorizzato.

In data 11.2.2020, Città Metropolitana di Milano procedeva ad un secondo sopralluogo presso l’insediamento di Liscate, all’esito del quale venivano riscontrati ulteriori violazioni, ed a cui faceva seguito l’emanazione della revoca impugnata nel presente giudizio.

La Città Metropolitana si costituiva nel presente giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso, in rito e nel merito.

All’udienza pubblica del 13.6.24, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio può prescindere dallo scrutinio delle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa della resistente, essendo il ricorso infondato nel merito.

  1. I) Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 208, c. 13, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006, che a suo dire, ai fini della revoca, richiederebbe in ogni caso la verifica di una situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente che la violazione della precedente diffida ha prodotto, non essendo invece sufficiente il mero inadempimento alle prescrizioni imposte dalla stessa, essendo quindi necessario il ricorrere di due differenti e cumulativi presupposti, il primo dei quali è costituito dall’inadempimento alle prescrizioni imposte da una specifica diffida, ed il secondo integrato dalla violazione di ulteriori disposizioni che mettano in pericolo la salute pubblica e l’ambiente.
  2. II) Il motivo è infondato atteso che, in base al tenore letterale della stessa norma asseritamente violata, l’autorità competente provvede alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida, non potendosi affermare che la revoca sia consentita soltanto in presenza di comprovate situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente, trattandosi di previsione distinta ed alternativa, come anche statuito nella sentenza n. 3933/18 del Consiglio di Stato richiamata dalla difesa provinciale, a cui la ricorrente non ha replicato.

Ulteriormente, va rilevato che la stessa autorizzazione n. 2567/12, al punto 4, prevedeva espressamente che “il presente provvedimento è soggetto a revoca ovvero a modifica ove risulti pericolosità o dannosità dell’attività esercitata, o nei casi di accertate violazioni del provvedimento stesso”.

III.1) Nella propria memoria, la ricorrente rileva che, nel secondo sopralluogo, “veniva data evidenza della perdurante pendenza del termine per adempiervi”, ciò che non è esatto, considerato che alcune delle prescrizioni violate consistevano in un obbligo di non fare, come nel caso del divieto di ritiro dei rifiuti, essendo pertanto immediatamente vincolanti, e pacificamente non rispettate.

III.2) Ulteriormente, secondo la ricorrente, non sarebbe stato accertato che, successivamente alla diffida, la gestione dei rifiuti sia effettivamente avvenuta in perdurante violazione del predetto lay out, affermazione irrilevante in causa, considerato che Città Metropolitana avrebbe dovuto a tal fine prestare il suo consenso espresso.

La diffida, intimava infatti il divieto di ritiro rifiuti “fino ad avvenuta conformazione dell’impianto al lay out autorizzato con la Tav. 201 del 20.9.2012, con previsione di comunicazione dell’intervenuta conformazione a Città Metropolitana di Milano e subordinazione a formale assenso da parte del medesimo Ente”, che non si è invece pronunciato.

III.3) Da ultimo, è privo di pregio anche l’assunto secondo cui “il solo ritiro dei rifiuti riscontrato in violazione della diffida non può ritenersi ex se fattispecie sussumibile nell’art. 208, c. 13, lett. c), D.Lgs. n. 152/2006”, riconoscendo la stessa ricorrente di aver eseguito solo parzialmente le opere richieste dalla diffida, continuando pertanto quest’ultima ad esplicare pienamente i suoi effetti.

In conclusione, il ricorso va pertanto respinto.

Quanto alle spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Città Metropolitana, equitativamente e complessivamente liquidate in Euro 2.000,00, oltre agli oneri di legge, ed al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della società ricorrente.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

Marco Bignami, Presidente

Fabrizio Fornataro, Consigliere

Mauro Gatti, Consigliere, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Mauro Gatti

Marco Bignami

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO