Nel caso in esame, il TAR Lombardia ha affrontato una controversia avente ad oggetto l’occupazione e trasformazione di una fascia di terreno adiacente a una strada comunale, destinata a opere pubbliche, senza un previo decreto di occupazione d’urgenza o di esproprio. Nel ricorso, respinto, il TAR ha ribadito che le fasce di rispetto stradale, definite dal D.P.R. 495/1992 e dagli strumenti urbanistici, sono soggette a un vincolo conformativo della proprietà privata, non espropriativo, finalizzato a garantire la sicurezza della circolazione e a consentire eventuali ampliamenti o manutenzioni della sede stradale. Pertanto, tali aree rientrano tra le pertinenze della strada ai sensi dell’art. 24 del D. Lgs. 285/1992, e le opere realizzate dall’amministrazione comunale sono risultate legittime e conformi alle disposizioni dell’art. 14 del medesimo decreto, che attribuisce agli enti proprietari delle strade il compito di manutenzione, gestione e pulizia delle strade e delle loro pertinenze. La sentenza ha altresì evidenziato che l’onere della prova del danno e della sua riconducibilità alla condotta della Pubblica Amministrazione incombe sui ricorrenti, i quali nel caso di specie non hanno fornito adeguata dimostrazione (cui “onus probandi incumbit ei qui dicit“, cfr. Consiglio di Stato, VI, 22 settembre 2023 n. 8488). Inoltre, la mancata impugnazione delle deliberazioni comunali presupposte ha ulteriormente precluso la possibilità di ottenere il risarcimento.

Pubblicato il 11/07/2024

  1. 02125/2024 REG.PROV.COLL.
  2. 02662/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2662 del 2019, proposto da  – OMISSIS –  – OMISSIS -,  – OMISSIS –  – OMISSIS – e  – OMISSIS –  – OMISSIS -, rappresentati e difesi dall’avvocato Gianfranco Garancini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Tradate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Carlo Sironi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Dezza, 32;

per l’accertamento

della decadenza e della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, nonché dell’illegittimità e dell’abusività di tale dichiarazione, per non essere mai stato emanato il decreto di esproprio né altro provvedimento sanante, e comunque per non essere mai stata completata la procedura espropriativa del sedime di proprietà dei ricorrenti censito nel Nuovo Catasto Edilizio Urbano del Comune di Tradate, sezione Abbiate Guazzone, foglio 12, particella  – OMISSIS – sub. 501;

per la declaratoria dell’illegittimità della occupazione del ridetto sedime, per non essere stato emanato il decreto di esproprio né altro provvedimento sanante, e comunque per non essere mai stata completata la procedura espropriativa; per la condanna dell’Amministrazione chiamata in giudizio al risarcimento del danno conseguente alla lesione del diritto di godimento e altresì alla lesione del potere di disposizione del ridetto immobile, dal momento dell’inizio della occupazione illegittima sino alla data di pronuncia della sentenza da parte di codesto Tribunale, rivalutando il credito risarcitorio al momento della pronuncia, oltre interessi fino al completo soddisfo; nonché al pagamento dell’indennizzo per il periodo accertato di occupazione illegittima, del risarcimento dei danni prodotti dall’illegittima occupazione per la perdita di frutti civili pendenti, la distruzione di opere e il degrado subito dagli immobili insistenti sulla parte residua del mapp.  – OMISSIS – del maggior danno ex art. 1224, secondo comma, cod. civ., e degli interessi e della rivalutazione monetaria su tutte le somme dovute fino all’effettivo e completo soddisfo; per la condanna dell’Amministrazione chiamata in giudizio, oltre al richiesto risarcimento del danno ingiusto subito dai ricorrenti, al pagamento di tutte le spese di causa, dei relativi compensi professionali con tutti gli accessori di legge, e alla restituzione del contributo unificato (art. 13, comma 6 bis 1, del dpr n. 115/2002 e s.m.i.).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Tradate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatrice all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 6 giugno 2024 la dott.ssa Katiuscia Papi e trattenuta la causa in decisione sulla base degli scritti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. I ricorrenti sono proprietari pro quota di un immobile ubicato in Comune di Tradate,  – OMISSIS -, censito in catasto al foglio 12, particella n.  – OMISSIS – sub. 501, consistente in una fascia di tre metri di profondità, ricompresa tra il fronte del fabbricato dei signori  – OMISSIS – e il ciglio della strada ( – OMISSIS -, per l’appunto), che era in parte occupata da un marciapiede e in parte da una zona in terra battuta da sempre utilizzata (circostanza pacifica tra le parti) come area di sosta e di accesso diretto alla strada, pur in assenza (circostanza parimenti pacifica) di qualsivoglia autorizzazione e regolamentazione al riguardo.

Il Comune di Tradate, ente proprietario della strada, con deliberazione di Consiglio Comunale n. 100 del 18 dicembre 2006 (poi modificata con D.G.C. n. 299/2007) approvava in via definitiva il Programma Integrato di Intervento di  – OMISSIS -, dapprima incluso nel Programma Triennale delle Opere pubbliche per il periodo 2004-2006, e nei successivi aggiornamenti di tale atto. Il programma prevedeva il rifacimento della porzione solare sopra descritta (rectius: dell’intera fascia di rispetto stradale di  – OMISSIS –), con una serie di interventi, comprendenti l’eliminazione dei parcheggi a raso sulle fasce pertinenziali alla sede viaria. In esecuzione della suddetta deliberazione, il Comune realizzava, in particolare (con riferimento alla porzione di proprietà  – OMISSIS –), i seguenti lavori: un’aiuola continua lungo il marciapiede con limiti recanti apposita cordolatura, al posto dell’area in terra battuta dapprima usata come parcheggio (non regolamentato) a raso; il rifacimento del marciapiede a suo tempo realizzato dal dante causa dei signori  – OMISSIS -; la sistemazione dell’accesso carraio al cortile interno della proprietà dei ricorrenti attraverso una rampa e la cordolatura sul filo strada. Veniva inoltre realizzata, a poca distanza, una nuova area di parcheggio lungo  – OMISSIS -, appositamente delimitata, con regolamentazione dell’ingresso e dell’uscita dalla sede stradale, mediante apposita segnaletica.

  1. A parere dei ricorrenti le suddette opere sarebbero state eseguite illegittimamente, poiché in assenza di un preventivo decreto di occupazione d’urgenza e di un successivo decreto di esproprio; inoltre i suddetti interventi avrebbero depauperato l’area di proprietà dei signori  – OMISSIS -, impedendo il parcheggio lungo la strada, e in tal modo riducendo la clientela dei negozi già ubicati lungo la  – OMISSIS -, di proprietà dei ricorrenti e condotti in locazione da gestori terzi, i quali chiudevano le rispettive attività commerciali. Conseguentemente, si chiedeva a questo Tribunale la declaratoria dell’illegittimità dell’azione amministrativa comunale, e la condanna del civico ente al risarcimento dei danni subiti.

2.1. Si costituiva in giudizio il Comune di Tradate, resistendo al ricorso.

2.2. All’udienza straordinaria del 6 giugno 2024 la causa era trattenuta in decisione.

  1. Il ricorso non è fondato e va respinto.

3.1. Il Comune eseguiva invero le opere sopra descritte legittimamente (in virtù di atti comunali presupposti, consistenti in deliberazioni della Giunta e del Consiglio – approvazione del programma triennale delle opere pubbliche per il periodo 2004-2006, e successivi aggiornamenti; approvazione definitiva dello specifico intervento ecc. -, puntualmente elencate in ricorso, mai impugnate dai ricorrenti), in difetto della necessità di un decreto di esproprio o di occupazione, o di un’apposita dichiarazione di pubblica utilità.

L’area oggetto della causa (costituita da tre metri di spessore compresi tra la strada e l’adiacente caseggiato) rientra invero tra le fasce di rispetto stradale che, come acclarato dalla costante giurisprudenza, sono aree di profondità definita dal D.P.R. 495/1992 o dagli strumenti urbanistici, che costeggiano la strada, e che non possono essere oggetto di edificazione sulla base di un vincolo apposto ex lege (art. 16 D. Lgs. 285/1992), assoluto, motivato dalla necessità di assicurare la sicurezza della circolazione veicolare, oltre che a garantire eventuali future esigenze di ampliamento della sede stradale, nonché lo spazio sufficiente per eseguire interventi di manutenzione della sede viaria stessa; tale vincolo ha titolo nella legge, e riveste carattere non espropriativo ma conformativo della proprietà privata (ex plurimis: TAR Sicilia, Catania, I, 3 novembre 2022 n. 2854; TAR Vale d’Aosta, I, 28 maggio 2021 n. 37; TAR Campania, Salerno, II, 17 febbraio 2021 n. 446).

Nel contempo, le attività destinate a garantire la sicurezza delle strade e la fluidità della circolazione, anche aventi ad oggetto le aree pertinenziali della sede viaria, ben potevano e dovevano essere poste in essere dal Comune in virtù dell’art. 14 D. Lgs. 285/1992, a norma del quale: «1. Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta».

Ed effettivamente, i lavori realizzati dall’Amministrazione rientravano nelle categorie espressamente individuate dalla suddetta norma, e riguardavano un’area – quella di proprietà dei signori  – OMISSIS -, oggetto della presente causa –, che integra una pertinenza della strada costituita dalla  – OMISSIS -. In tal senso depone invero l’art. 24 D. Lgs. 285/1992, secondo cui: «1. Le pertinenze stradali sono le parti della strada destinate in modo permanente al servizio o all’arredo funzionale di essa. 2. Le pertinenze stradali sono regolate dalle presenti norme e da quelle del regolamento e si distinguono in pertinenze di esercizio e pertinenze di servizio. 3. Sono pertinenze di esercizio quelle che costituiscono parte integrante della strada o ineriscono permanentemente alla sede stradale. […]».

Le fasce di rispetto, per le caratteristiche sopra descritte, costituiscono aree destinate permanentemente al servizio della strada (alla sua sicurezza, ad eventuali ampliamenti, ad ospitare occasionali attività manutentive della sede viaria), e rientrano perciò nelle aree legislativamente qualificate come pertinenziali. In tal senso: «Le opere autostradali non sono costituite dal solo nastro viabile, ma anche dai servizi e dalle pertinenze il cui accesso ed uso sono interdetti a chi non transiti sulla strada, rientrandovi in particolar modo le fasce a protezione del nastro viabile con vincolo a zona di rispetto: la collocazione dell’area in questione in stretta contiguità con il nastro viabile autostradale depone per il suo carattere pertinenziale, a servizio dell’opera pubblica, ed in simili casi l’ente locale non può disporre la destinazione urbanistica del bene senza tenere conto dell’oggettiva funzione dell’area, ascrivendola ad un uso solo apparentemente coerente con la vocazione dell’immobile» (TAR Emilia-Romagna, Parma, I, 27 aprile 2010 n. 127).

L’ente era dunque, ex lege, titolato e legittimato all’esecuzione delle opere oggi contestate in virtù del succitato art. 14 D. Lgs. 285/1992.

Le domande proposte dai ricorrenti sono perciò infondate in nuce.

3.2. Ciò stante, non appare superfluo evidenziare che la parte ricorrente non ha assolto all’onere di provare l’esistenza e la consistenza del danno di cui si lamenta in giudizio, nonché la riconducibilità in termini causali di tale asserito pregiudizio alla condotta della P.A., con conseguente ulteriore profilo di infondatezza delle domande svolte.

Il suddetto onere istruttorio, come acclarato dalla giurisprudenza, incombeva invero sui ricorrenti: «L’azione risarcitoria innanzi al giudice amministrativo è retta dal principio giuridico tradizionale secondo cui “onus probandi incumbit ei qui dicit”, per cui chi lamenta di aver subito un danno ingiusto dall’illegittimo od omesso svolgimento dell’attività amministrativa ha l’onere di provare la condotta asseritamente illecita dell’amministrazione ed il nesso causale con il danno patito dal danneggiato» (Consiglio di Stato, VI, 22 settembre 2023 n. 8488, cfr: TAR Lazio, Roma, III, 23 maggio 2019 n. 6318).

Nel caso di specie, non è tuttavia dimostrato (a ciò non potendo certamente valere le valutazioni soggettive provenienti dai medesimi signori  – OMISSIS – e allegate – per di più prive di sottoscrizione – dalla difesa dei ricorrenti sub doc. 17) che l’intervenuta chiusura delle attività commerciali presenti nelle unità immobiliari di proprietà dei ricorrenti  – OMISSIS – sia dovuta ai lavori manutentivi oggetto della presente causa, e alla differente localizzazione del parcheggio (peraltro poco distante, e apparentemente del tutto idoneo a servire la zona).

3.3. Nel contempo, le opere realizzate erano state decise mediante le deliberazioni sopra ricordate (Programma triennale delle opere pubbliche; approvazione definitiva del programma di intervento), senza che i ricorrenti ne contestassero in alcun modo la legittimità, se non a seguito dell’avvenuto completamento dei lavori. Conseguentemente, quand’anche sussistesse un danno, lo stesso non risulterebbe risarcibile in virtù dell’art. 30 comma 3 ultimo periodo c.p.a., a norma del quale: «Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti».

3.4. Anche sotto tali ulteriori aspetti, la domanda risarcitoria dei signori  – OMISSIS – non poteva pertanto essere accolta.

  1. In virtù delle considerazioni esposte in precedenza il ricorso, siccome destituito di fondamento, deve essere respinto.
  2. Le spese del giudizio vengono compensate tra le parti, in ragione della peculiarità della vicenda che ha costituito oggetto della causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge per le ragioni indicate in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere

Katiuscia Papi, Primo Referendario, Estensore

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Katiuscia Papi

Gabriele Nunziata

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO