Nella questione sottoposta al TAR Sicilia, è stato affrontato il tema dell’ampliamento delle strutture ricettive, con riferimento all’applicazione dell’articolo 8 del D.P.R. n. 160 del 2010. Il Giudice amministrativo. affermando che la procedura di conferenza di servizi, disciplinata dall’articolo 8 del citato D.P.R., è estensibile anche agli ampliamenti di attività produttive esistenti, qualora tali ampliamenti rispettino i principi di congruità e funzionalità rispetto all’attività preesistente, ha sottolineato che la valutazione di insufficienza delle aree destinate agli insediamenti produttivi deve basarsi sul progetto specifico e sulla compatibilità funzionale dell’area interessata, piuttosto che su una mera distanza fisica tra l’immobile principale e l’area di ampliamento. In tal senso, è stato chiarito che la compatibilità funzionale tra l’attività esistente e la nuova struttura costituisce un parametro essenziale per la valutazione dell’ampliamento, escludendo applicazioni automatiche e rigide delle norme urbanistiche. Nel caso in esame, il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dal ricorrente, annullando il provvedimento comunale di rigetto dell’istanza di ampliamento. La decisione ha riconosciuto la fondatezza della posizione del pretendente, affermando che il progetto di ampliamento soddisfaceva i requisiti di funzionalità e congruità richiesti dalla normativa. Pertanto, il provvedimento di rigetto è stato ritenuto ingiustificato, in quanto basato su una valutazione superficiale delle condizioni di compatibilità tra l’attività preesistente e l’ampliamento proposto. 

Pubblicato il 12/07/2024

N. 02207/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01953/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1953 del 2023, proposto da – OMISSIS -, rappresentata e difesa dall’avvocato Calogero Ubaldo Marino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Sciacca, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Bellia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento:

– del provvedimento dell’intimato Comune n. / del 21 novembre 2023 (prot. Urb n. 6380 del 21 novembre 2023), di diniego della richiesta di permesso di costruire per un progetto di potenziamento di un’attività alberghiera nella C/da Raganella, individuata in catasto al foglio n. 85, p.lle nn. 64 e 373, con le procedure di cui all’art. 8, D.P.R. n. 160/2010 presentato dalla ricorrente il 21 aprile 2022;

– ove occorra: a. della nota n. 32807 del 3 luglio 2023, recante il relativo preavviso di rigetto; b. delle note n. 53537 del 13 novembre 2023 e n. 40009 del 16 agosto 2023 del suddetto Comune;

– di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, consequenziale, collegato e comunque connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2024 il dott. Fabrizio Giallombardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale l’intimato Comune ha rigettato la sua richiesta di permesso di costruire per il potenziamento di un’attività alberghiera sita in Sciacca, c.da Raganella, individuata in catasto al foglio n. 85, p.lle nn. 64 e 373.

L’istanza in questione è stata presentata ai sensi dell’art. 8, d.P.R. n. 160/2010.

L’impugnato provvedimento di rigetto è stato motivato in ordine al fatto che il vigente P.R.G. individua, all’art. 49 delle N.T.A., specifici ambiti per insediamenti ricettivi turistici di nuovo impianto per piccole e medie unità (zona D.2.4).

Dunque, secondo il Comune intimato, mancherebbero le condizioni per dar luogo alla procedura di cui al visto art. 8, d.P.R. n. 160/2010.

1.1. Parte ricorrente ha esposto in fatto quanto segue:

– di aver presentato istanza di permesso di costruire n. 21208 del 21 aprile 2022, per aumentare il numero delle camere e dei posti letto della sua struttura ricettiva, sita in una villa storica, da n. 8 a n. 29 camere;

– che, all’esito di un articolato iter procedimentale (nel cui ambito è stato reso l’impugnato preavviso di rigetto ed è stato altresì acquisito dall’amministrazione comunale il parere n. 15722 del 23 ottobre 2023 dell’amministrazione regionale), è stato emanato il contestato provvedimento di diniego.

1.2. La ricorrente ha articolato le seguenti doglianze.

1.2.1. Violazione di legge (art. 8, d.P.R. n. 160/2010) ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto:

a. il Comune intimato non avrebbe tenuto in debito conto che il menzionato art. 49 delle locali N.T.A. riguarderebbe i nuovi impianti produttivi; laddove nel caso di specie si discute di un ampliamento di un’attività produttiva già esistente, peraltro in un lotto distante soli quaranta metri da quello in cui si trova la villa storica ove è esercitata l’attività ricettiva del cui ampliamento si discute;

b. la detta zona D.2.4. si trova a circa dieci chilometri di distanza dalla suddetta villa storica, con la conseguenza che non potrebbe ragionevolmente pensarsi a un ampliamento della struttura in un sito così lontano;

c. l’insufficienza di aree destinate a impianti produttivi di cui all’art. 8, d.P.R. n. 160/2010, andrebbe interpretata con riguardo al singolo progetto presentato, nonché alla specifica idoneità e congruità delle aree esistenti in relazione al progetto stesso;

d. l’Assessorato del territorio e dell’ambiente della Regione Siciliana ha reso indirizzi in merito all’applicazione del suddetto art. 8, d.P.R. n. 160/2010, nel senso auspicato da parte ricorrente (quest’ultima ha, in particolare, menzionato la nota n. 653 del 18 ottobre 2006 del suddetto Assessorato, che ha dichiarato di avere trasmesso in sede procedimentale al Comune intimato), non considerati dall’amministrazione comunale;

e. anzi, l’intimato Comune avrebbe travisato lo specifico parere reso sulla fattispecie per cui è causa dall’amministrazione regionale (nota n. 15722 del 23 ottobre 2023) il quale, nel richiamare la vista nota n. 653/2006, ha ammesso che possono essere presi in considerazione progetti che prevedono ampliamenti al di sotto del 100% della cubatura esistente, come nel caso di specie.

1.2.2. Eccesso di potere sotto ulteriori profili, in quanto l’amministrazione comunale avrebbe assunto un contegno contraddittorio, laddove essa:

a. con la nota endoprocedimentale del 16 agosto 2023 ha dato atto che sarebbe stato possibile l’ampliamento di un impianto produttivo in aree contigue, come affermato nei precedenti pareri dell’Assessorato del territorio e dell’ambiente;

b. ha poi ritenuto non possibile l’ampliamento nel caso di specie, sostenendo che esso richiederebbe una sorta di inscindibilità materiale tra la struttura in ampliamento e quella da ampliare, obliterando qualunque collegamento funzionale tra le stesse. Collegamento vieppiù evidente in un caso, come quello di cui si discute, in cui la distanza tra le strutture sarebbe pari a circa 40 metri.

1.2.3. Violazione di legge (art. 8, d.P.R. n. 160/2010) ed eccesso di potere sotto altri profili, in quanto il richiamo al visto art. 49 delle locali N.T.A. sarebbe erroneo posto che, come si è visto con il primo motivo di ricorso, lo stesso fa riferimento a nuovi impianti produttivi, laddove nel caso di specie si discute di un mero ampliamento.

2. Si è costituito il Comune intimato, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

3. Con successiva memoria, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento delle proprie pretese.

4. Con ordinanza n. 16 dell’11 gennaio 2024, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare di parte ricorrente, in quanto la nuova struttura non avrebbe potuto essere qualificata come “ampliamento” di quella originaria.

5. L’ordinanza de qua è stata riformata all’esito dell’appello cautelare (ordinanza n. 56 del 14 febbraio 2024 del C.G.A.R.S.). In particolare, il giudice di appello ha sostenuto che nel caso di specie potrebbe sussistere una strumentalità funzionale tra la nuova struttura e quella originaria e ha, quindi, disposto la sollecita fissazione dell’udienza di discussione del ricorso.

6. Parte ricorrente, quindi, dopo aver chiesto di fissare l’udienza in questione con istanza di prelievo, ha – con la memoria del 6 maggio 2024 – argomentato in ordine alla fondatezza delle proprie pretese, tenuto altresì conto del visto nesso di strumentalità funzionale tra la nuova struttura e quella preesistente.

7. All’udienza pubblica del 7 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente ricorso verte sul diniego di permesso di costruire reso dal Comune resistente sull’istanza articolata dalla ricorrente ex art. 8, d.P.R. n. 160/2010. Siffatta istanza era volta all’ampliamento dell’attività ricettiva di quest’ultima, sita all’interno di una villa storica.

2. Il ricorso è fondato e va accolto, alla luce delle seguenti considerazioni.

3. Va, preliminarmente, ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.

L’art. 8, c. 1, d.P.R. n. 160/2010, dispone che “Nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l’applicazione della relativa disciplina regionale, l’interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica. Qualora l’esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, ove sussista l’assenso della Regione espresso in quella sede, il verbale è trasmesso al Sindaco ovvero al Presidente del Consiglio comunale, ove esistente, che lo sottopone alla votazione del Consiglio nella prima seduta utile. Gli interventi relativi al progetto, approvato secondo le modalità previste dal presente comma, sono avviati e conclusi dal richiedente secondo le modalità previste all’articolo 15 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.

Per impianti produttivi si intendono “i fabbricati, gli impianti e altri luoghi in cui si svolgono tutte o parte delle fasi di produzione di beni e servizi” (art. 1, c. 1, lett. j, d.P.R. n. 160/2010). Tra le “attività produttive” è poi espressamente contemplata quella turistica e alberghiera (art. 1, c. 1, lett. i, d.P.R. n. 160/2010).

In Sicilia è stato, in particolare, previsto che:

a. “i comuni esercitano le funzioni inerenti allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) garantendo piena attuazione alle disposizioni di cui all’art. 38 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ed a quelle di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 e successive modifiche ed integrazioni” (art. 36, c. 1, l.r. n. 10/2000);

b. i procedimenti amministrativi in materia di esercizio di attività produttive e di prestazioni di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 e successive modifiche ed integrazioni” (art. 37, c. 1, l.r. n. 10/2000, come sostituito dall’art. 10, c. 2, l.r. n. 5/2011).

In sintesi, anche in Sicilia trova applicazione l’art. 8, d.P.R. n. 160/2010, che consente il ricorso a un’eccezionale procedura di variante urbanistica, funzionale all’implementazione degli impianti produttivi, la cui ampia nozione consente di sussumere al suo interno anche i luoghi in cui è svolta l’attività alberghiera (quest’ultima, come si è detto, è espressamente considerata come “attività produttiva” dallo stesso testo legislativo).

Tale procedura, in quanto eccezionale, va ammessa nel rispetto dei relativi – e rigorosi – limiti, non potendo surrettiziamente divenire una modalità ordinaria di variazione dello strumento urbanistico generale. In particolare, l’insufficienza delle aree destinate a insediamenti produttivi va intesa nel senso che è prevista, in costanza degli standard, una superficie non congrua per l’insediamento da realizzare (Cons. St., sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6439).

Va rammentato, altresì, che si tratta sempre di un procedimento di pianificazione urbanistica, rispetto al quale è immutata la – tradizionale – ampia discrezionalità di cui gode in materia l’ente locale. In altre parole, la semplificazione dell’iter ordinariamente previsto per la variante urbanistica (giustificata dalla meritevolezza dell’iniziativa economica per la quale si è attivato il relativo procedimento) non individua in capo al privato alcun interesse pretensivo “rafforzato” da far valere in sede pianificatoria, né restringe lo spatium deliberandi del Comune sull’istanza. Anzi, è stato pure sostenuto che l’amministrazione comunale ben potrebbe discostarsi dai pareri favorevoli resi in sede di Conferenza di servizi da parte delle autorità preposte alla cura di interessi paesaggistici e ambientali (Cons. St., sez. IV, 5 giugno 2023, n. 5464).

Ciò chiarito in termini generali, con riguardo alla più specifica questione dell’ampliamento di una struttura produttiva, è stato condivisibilmente affermato che lo stesso non può consistere in un’attività del tutto differente da quella originaria (cfr. Cons. St., sez. IV, 12 dicembre 2023, n. 10709).

Altra – e distinta – questione è poi quella della prossimità dell’intervento con l’area da ampliare.

Secondo un’esegesi particolarmente rigorosa, non sarebbe sufficiente affermare che l’area da destinare all’ampliamento della relativa attività non avrebbe potuto essere ricercata altrove (Cons. St., sez. IV, 19 giugno 2020, n. 3921, che ha riformato sul punto la sentenza n. 180/2018 del TAR Lombardia, Brescia, più volte richiamata dalla ricorrente).

In giurisprudenza è anche emersa una seconda impostazione, seguita talora dal giudice di appello siciliano, che ha preferito dare rilievo alla ratio di agevolazione degli insediamenti produttivi che sta alla base del menzionato art. 8, d.P.R. n. 160/2010, ritenendo “nella logica delle cose […] che, rispetto a un progetto di ampliamento di un insediamento produttivo già operante, nessun significato particolare possa rivestire la previsione, da parte dello strumento urbanistico, di aree destinate a impianti produttivi site, però, altrove, giacché, come ha persuasivamente osservato il Tribunale, l’area da destinare all’ampliamento di un’attività non potrebbe essere ricercata altrove, ma dovrebbe evidentemente trovarsi in stabile e diretto collegamento con quella dell’insediamento da ampliare” (C.G.A.R.S., sez. giurisd., 23 dicembre 2016, n. 479, richiamata da parte ricorrente). Tale affermazione è stata più di recente ribadita dalla sezione staccata di Catania di questo Tribunale (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 27 dicembre 2018, n. 2533).

Re melius perpensa rispetto alla fase cautelare, il Collegio ritiene preferibile quest’ultima opzione ermeneutica, posto che – soprattutto con riguardo a un’attività di carattere ricettivo, qual è quella di cui si discute – è effettivamente irragionevole ipotizzare che la stessa possa essere “ampliata” in un luogo che non si trovi in uno stabile e diretto collegamento con l’insediamento da ampliare.

4. Ciò chiarito, può dirsi della fondatezza delle censure articolate dalla ricorrente.

4.1. Vanno, anzitutto, trattati congiuntamente i profili sopra meglio indicati come a.b. e c. del primo motivo di ricorso e il terzo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente ha sostanzialmente posto le questioni dell’erroneo richiamo all’art. 49 delle locali N.T.A. e dell’impossibilità di realizzare un ampliamento della propria struttura ricettiva sfruttando la zona D.2.4. del vigente P.R.G., posto che quest’ultima si trova a circa dieci chilometri dalla villa storica presso la quale è esercitata l’attività per cui è causa.

Le predette censure sono fondate.

Il Comune resistente, anche ove avesse anche voluto seguire l’orientamento particolarmente rigoroso sopra meglio citato (comunque non condiviso dal Collegio nel caso di specie, per le ragioni anzidette), avrebbe comunque dovuto valutare attentamente i margini di effettiva realizzabilità di un siffatto ampliamento ad una così grande distanza dalla struttura ricettiva della ricorrente, motivando dettagliatamente sul punto.

Nulla di tutto ciò è avvenuto.

L’amministrazione comunale ha, piuttosto, preferito un meccanicistico richiamo all’art. 49 delle locali N.TA., che fa peraltro riferimento agli insediamenti ricettivi turistici di “nuovo impianto”, ritenendolo automaticamente applicabile anche all’ampliamento di un impianto (non solo) esistente (ma anche) sito a circa dieci chilometri dalla menzionata zona D.2.4.

Ancora, non può ritenersi determinante il fatto che l’ampliamento in questione non investa direttamente l’immobile presso il quale è esercitata l’attività ricettiva, ma insista su nuove unità, collocate – si ripete – a soli quaranta metri dallo stesso.

Come si evince dal business plan prodotto agli atti di causa, la proposta progettuale mira a potenziare l’attività esistente, ampliando il numero delle camere della struttura alberghiera. Ciò dovrebbe avvenire mediante la realizzazione di due corpi collegati da una passerella. In particolare, il primo dei due (indicato come “A”) prevede al piano terra un piccolo locale per la hall, reception e servizi igienici (cfr. all. 14 di parte ricorrente, p. 9).

Dunque, è ben evidente il nesso funzionale tra ampliamento e preesistente attività, pure valorizzato in sede cautelare dal giudice di appello. È regola di comune esperienza quella per cui la hall e la reception sono strutture uniche nell’ambito di un’attività alberghiera, volte a servire i plessi presso cui sono collocate le camere. Camere, peraltro, tutte site a quaranta metri dalla struttura principale e, dunque, tutte volte evidentemente a soddisfare la medesima finalità turistico-ricettiva.

La sufficienza di un nesso funzionale (e non strutturale) tra ampliamento e attività preesistente trova, in Sicilia, un chiaro riferimento normativo nel richiamato art. 37, c. 1, l.r. n. 10/2000, il quale – non per nulla – fa espressa menzione dell’ampliamento dell’attività produttiva (sulla cui ampia nozione si è già detto) e non semplicemente dell’ampliamento dell’immobile in cui tale attività è svolta.

Un’interpretazione che riferisca l’ampliamento sempre e comunque all’immobile e non all’attività produttiva, oltre a porsi in contrasto con la vista previsione normativa, precluderebbe del tutto la possibilità di attivare il procedimento di cui all’art. 8, d.P.R. n. 160/2010, in situazioni come quella per cui è causa, in cui è incontestato che l’immobile della ricorrente sia vincolato (cfr. sul punto, la richiesta di parere del Comune di Sciacca di cui all’all. 4 di parte ricorrente).

Si arriverebbe, anzi, al paradosso di ritenere possibile l’ampliamento di un immobile vincolato, modificandone caratteri e struttura (ferma restando la necessità di acquisire, ovviamente, l’assenso degli enti preposti alla tutela dello stesso), escludendo in radice invece una soluzione che, mantenendo intatto l’immobile sottoposto a vincolo, ampli l’attività ivi svolta con la realizzazione di altre unità site al di fuori della zona vincolata, che siano però in relazione di stretta funzionalità – quanto al profilo dell’attività turistico-ricettiva – con la stessa.

Da qui l’inevitabile accoglimento delle censure sopra meglio compendiate.

4.2. Parimenti fondati sono i punti sopra individuati come d. ed e. del primo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente ha contestato il contrasto tra la determinazione del Comune di Sciacca e le indicazioni rese, anche con riguardo alla specifica fattispecie per cui è causa, dall’Assessorato del territorio e dell’ambiente della Regione Siciliana.

In particolare, il parere n. 15722/2023 (all. 4 di parte ricorrente), ha dato atto che l’art. 8, d.P.R. n. 160/2010, non fa riferimento espresso all’ampliamento degli impianti produttivi esistenti (per quanto, come si è visto: a. tale norma è pacificamente applicata in giurisprudenza anche con riguardo a tale ipotesi; b. di ampliamento dell’attività fa espressa menzione la legislazione regionale siciliana), richiamando poi una pregressa direttiva del Dirigente pro tempore del Dipartimento regionale dell’urbanistica, con la quale si dava comunque atto che potessero essere presi in esame progetti che prevedessero ampliamenti non eccedenti il 100% della cubatura esistente.

Parametro, quest’ultimo, pacificamente rispettato nel caso di specie, come si evince dalla stessa richiesta di parere dell’amministrazione comunale (cfr. all. 4 di parte ricorrente).

Il provvedimento impugnato, pertanto, non avrebbe potuto limitarsi a richiamare il menzionato parere del suddetto Assessorato, ma avrebbe dovuto quantomeno adeguatamente motivare in ordine alle ragioni per cui l’amministrazione comunale ha ritenuto di addivenire a una soluzione del tutto distonica con quanto ivi affermato. Ciò, a maggior ragione, in un caso – come quello per cui è causa – in cui il parere dell’amministrazione regionale è stato reso su esplicita richiesta del resistente Comune.

Dunque, anche la doglianza di cui ai precedenti punti è fondata.

5. L’accoglimento delle superiori censure consente di assorbire per priorità logica (cfr. Cons. St., Ad. pl. n. 5/2015) il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla contraddittorietà dell’azione del Comune resistente.

6. Dalla fondatezza del ricorso discende l’annullamento degli atti ivi impugnati e la correlata necessità, per l’amministrazione comunale, di valutare nuovamente l’istanza della ricorrente.

A fini conformativi, si precisa che l’amministrazione comunale, in sede di riedizione del potere, potrà valutare l’effettiva necessità dell’ampliamento in questione (su cui l’amministrazione comunale si è inammissibilmente espressa solo in sede di difese processuali, integrando ex post la motivazione del provvedimento; cfr. pp. 5 e 6 della memoria di parte resistente), come rappresentata dai documenti versati agli atti del procedimento, eventualmente acquisendo nuova documentazione al riguardo e, in ogni caso, motivando dettagliatamente la propria determinazione in parte qua.

7. Stante quanto precede:

– il ricorso è fondato e va accolto; per l’effetto sono annullati gli atti impugnati, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione resistente;

– le spese possono trovare compensazione tra le parti, tenuto conto dell’impregiudicato esito nel merito della vicenda procedimentale per cui è causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla, per l’effetto, gli atti impugnati. Salvi gli ulteriori provvedimenti della resistente amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

Federica Cabrini, Presidente

Antonino Scianna, Primo Referendario

Fabrizio Giallombardo, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabrizio Giallombardo Federica Cabrini

IL SEGRETARIO

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabrizio Giallombardo Federica Cabrini

IL SEGRETARIO