In materia di immissioni rumorose derivanti da eventi culturali organizzati dal Comune in pubblica piazza, la Corte ha ribadito il principio fondamentale della tollerabilità delle immissioni rumorose, che deve essere valutata caso per caso tenendo conto delle caratteristiche specifiche del luogo, degli orari di svolgimento degli eventi, delle abitudini degli abitanti e delle condizioni ambientali, conformemente alla giurisprudenza consolidata (Cass. 28201/2018). In particolare, la Corte ha chiarito che la determinazione della tollerabilità dei rumori non può essere limitata a parametri rigidi e normativi, ma deve considerare il contesto specifico delle manifestazioni culturali all’aperto, ritenendo tali parametri: “puramente indicativi in quanto anche immissioni che rientrino in quei limiti possono considerarsi intollerabili nella situazione concreta”. Sul fronte della responsabilità dell’ente pubblico, la sentenza ha confermato che il Comune è tenuto a evitare immissioni rumorose che superino la soglia della normale tollerabilità, conformemente al principio generale del “neminem laedere” (Cass. 14209/2023). Pertanto, l’ente pubblico può essere ritenuto responsabile dei danni derivanti dalla lesione dei diritti dei privati al riposo e al godimento della proprietà, e deve adottare le misure necessarie per ridurre le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità. L’interesse pubblico nel promuovere manifestazioni culturali non può giustificare il sacrificio del diritto dei privati al riposo e al godimento della proprietà oltre il limite della tollerabilità delle immissioni rumorose. Pertanto, pur riconoscendo l’importanza delle manifestazioni culturali per la comunità locale, la Corte ha affermato che l’ente pubblico deve garantire che tali eventi non eccedano i limiti della normale tollerabilità acustica, preservando così i diritti dei residenti.
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18676 Anno 2024
Presidente: SCRIMA ANTONIETTA
Relatore: CRICENTI GIUSEPPE
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10834/2021 R.G. proposto da:
COMUNE ALBISSOLA MARINA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato SANTULLI TERESA (****), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DELLA ROSA ISABELLA (****)
– ricorrente –
contro
****, ****, domiciliati ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato DURELLI SANTO (****)
– Controricorrenti –
avverso
SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 947/2020 depositata il 13/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024 dal Consigliere GIUSEPPE CRICENTI.
Fatti di causa
1.- Il Comune di Albissola Marina organizza periodicamente, nel periodo estivo, manifestazioni culturali che si svolgono in piazza della Concordia.
Alcuni abitanti, residenti in quella piazza, hanno lamentato tuttavia che, sia per l’allestimento del palco che poi per lo svolgimento degli spettacoli, che si protraevano fino a tarda notte, si verificavano rumori che superavano la normale tollerabilità e che rendevano difficile il soggiorno pregiudicando il godimento dell’appartamento che costoro avevano destinato a loro residenza estiva.
1.1- **** e ****, per l’appunto proprietari degli immobili insistenti su piazza della Concordia, hanno citato in giudizio il Comune di Albissola Marina per accertare che gli spettacoli producevano immissioni intollerabili e per ottenere la condanna del comune al risarcimento del danno.
Il tribunale ha effettuato una consulenza tecnica dalla quale è emerso che quei rumori superavano la soglia dei decibel consentiti, e dunque ha liquidato equitativamente la somma di 1.000 € ciascuno, oltre accessori, a ristoro del pregiudizio subito. Il Comune di Albissola ha impugnato questa decisione con appello principale, mentre i due attori hanno proposto appello incidentale relativamente all’ammontare del danno loro liquidato.
1.2.- La Corte di appello di Genova ha rigettato l’appello principale ed ha accolto quello incidentale, riconoscendo ai due appellanti la somma di 3.000 € anziché quella di 1.000 € inizialmente liquidata.
1.3 – Questa sentenza è oggetto di ricorso per Cassazione da parte del Comune di Albissola con due motivi. Per contro si sono costituiti **** e **** per chiedere il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
2.-La Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado. Nel corso del giudizio di primo grado infatti era stata espletata una consulenza tecnica, che aveva rilevato il rumore sia a finestre chiuse che a finestre aperte, e comunque in diverse ore del giorno, ed erano state altresì assunte prove testimoniali sulle immissioni rumorose e sull’attività che le produceva.
La Corte di appello ha inoltre rigettato l’argomento del comune appellante in base al quale il CTU avrebbe fatto riferimento, per le misurazioni, al DPCM del 1997 relativo invece alle attività produttive, e che non poteva applicarsi alle manifestazioni culturali, quali erano quelle che il comune organizzava in quella piazza. A tale riguardo, la Corte di appello ha osservato che il tribunale non ha fatto applicazione di quel DPCM, quanto piuttosto ha usato il metodo comparativo indicato dalla giurisprudenza secondo cui la tollerabilità va valutata caso per caso in relazione alle circostanze concrete.
Ha inoltre osservato che l’interesse pubblico allo svolgimento degli spettacoli non poteva comportare il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della tollerabilità.
Infine, quanto al danno, la corte di merito ha ritenuto che quello non patrimoniale era stato provato per via presuntiva dalla impossibilità di utilizzare la casa per le vacanze, ed, in accoglimento dell’appello incidentale, ha rideterminato in 3.000 € l’ammontare del risarcimento sulla base della considerazione che quel risarcimento deve essere integrale e non limitato ai soli giorni di effettivo
probabile utilizzo dell’immobile, ma deve tener conto della circostanza che l’immobile diventa per i ricorrenti inutilizzabile comunque.
3.- Questa ratio è contestata con due motivi.
Con il primo motivo si eccepisce l’illegittima applicazione del DPCM del 1997 e dell’articolo 844 del codice civile.
Il motivo contiene due censure.
Quanto alla prima censura, la tesi del ricorrente è che il CTU ha erroneamente preso a base delle sue valutazioni le immissioni considerate dal DPCM del 1997, senza tener conto però che tale provvedimento è relativo alle attività produttive, commerciali e professionali, tra le quali certamente non rientra lo svolgimento di manifestazioni culturali e di spettacoli.
Secondo i ricorrenti l’eccezione non ha tenuto conto del regolamento delle attività rumorose adottato dallo stesso consiglio comunale nel 2004, che consente, nell’ipotesi, per l’appunto di manifestazioni e spettacoli all’aperto, di arrivare fino al limite di 70 decibel.
La seconda censura attiene alla liquidazione del danno e mira a dire che erroneamente esso è stato liquidato equitativamente e ritenuto sussistente.
Il motivo va disatteso.
Quanto alla prima censura, le ragioni di infondatezza sono due: in generale, i limiti posti dai singoli regolamenti, compreso dunque quello richiamato dal comune, e dallo stesso comune approvato, sono puramente indicativi in quanto anche immissioni che rientrino in quei limiti possono considerarsi intollerabili nella situazione concreta, posto che la tollerabilità è, per l’appunto, da valutarsi tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche zona e delle abitudini degli abitanti (Cass. 28201/ 2018), che è ciò che il consulente ha fatto.
In secondo luogo, anche un ente pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni rumorose ed << è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”.>> (Cass. 14209/ 2023, in caso analogo).
La seconda censura, invece, è del tutto insufficiente a costituire motivo di ricorso: apoditticamente si contesta la prova e la stima del danno, senza indicare quali criteri legali siano stati in concreto violati ed in che termini lo siano stati.
Il secondo motivo prospetta omesso esame di un fatto decisivo e controverso e rimprovera alla decisione impugnata di non aver tenuto in alcuna considerazione l’interesse pubblico allo svolgimento di tali manifestazioni: ove la Corte lo avesse fatto avrebbe potuto verificare che un tale interesse può costituire deroga al limite di tollerabilità delle emissioni.
Il motivo è inammissibile.
La Corte ha tenuto conto dell’interesse pubblico, ed ha correttamente osservato che non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità.
Dunque, la questione è stata oggetto di esame. La circostanza secondo cui le immissioni sono state imposte dal perseguimento di un interesse pubblico è stata esaminata.
Va da sé che l’apprezzamento circa la prevalenza dell’uno o dell’altro interesse, ossia l’apprezzamento circa la tollerabilità delle immissioni, soglia entro la quale è tutelato l’interesse pubblico, è rimessa al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 1600,00, oltre 200,00 euro di esborsi, ed oltre spese generali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 12/04/2024.