Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8171 dell’11 ottobre 2024, ha affrontato in particolare il caso dell’annullamento del bando di gara suddivisa in lotti, e della legittimità del ricorso per ottemperanza.
Nell’ambito di una gara suddivisa in più lotti, il Tribunale ha precisato che l’annullamento di uno o più lotti, motivato dal contrasto con il diritto comunitario, produce effetti sull’intera procedura di gara, determinando la caducazione di tutti i lotti qualora la procedura complessiva possa essere considerata come un unico appalto. Il Collegio ha rilevato che, sebbene la gara fosse articolata in lotti, in presenza di un vizio che riguardi la procedura complessiva, l’intero procedimento di gara deve essere annullato. Il principio alla base di questa decisione è che la suddivisione in lotti, pur essendo volta a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, potrebbe entrare in conflitto con l’interesse pubblico all’efficienza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, che può essere meglio soddisfatto da un appalto unitario. L’annullamento di uno o più lotti per vizi che coinvolgono l’intera procedura comporta, pertanto, l’invalidità dell’intero appalto, indipendentemente dalla suddivisione in lotti.
Inoltre, la sentenza ha trattato il tema della legittimazione al ricorso per ottemperanza, ribadendo che questo rimedio processuale è riservato esclusivamente alle parti che hanno visto accolta la propria domanda nel giudizio di cognizione. Il ricorso per ottemperanza è infatti finalizzato a ottenere l’esecuzione di una sentenza che ha accolto una domanda di parte e che sia rimasta ineseguita. Il Collegio ha precisato che il ricorso non può essere proposto da chiunque abbia tratto un vantaggio dalla sentenza, ma solo da chi è stato parte nel giudizio di cognizione e ha visto soddisfatto un proprio interesse. A tal proposito, sono stati richiamati precedenti giurisprudenziali in materia, tra cui le sentenze n. 8449 del 3 ottobre 2022, n. 5621 del 6 luglio 2022 e n. 7675 del 9 novembre 2019, che chiariscono come l’interesse a ricorrere in sede di ottemperanza debba essere lo stesso che ha sorretto l’azione di cognizione.
Infine, la sentenza ha analizzato la possibilità di estendere la legittimazione al ricorso per ottemperanza a chi non ha partecipato al giudizio di cognizione. Sebbene l’articolo 21-septies della Legge 241/1990 preveda la possibilità di far valere un vizio di nullità per violazione o elusione del giudicato, il Collegio ha precisato che tale vizio può essere fatto valere solo da chi ha un interesse legittimo e diretto, e non da chiunque. La legittimazione alla proposizione del ricorso dipende quindi dall’interesse giuridico specifico derivante dall’ottemperanza della sentenza, confermando che l’efficacia del giudicato non si estende automaticamente a soggetti estranei al giudizio precedente.
In conclusione, la sentenza chiarisce che l’annullamento di un bando di gara suddiviso in lotti per vizi che riguardano l’intera procedura di gara comporta l’annullamento di tutti i lotti, e precisando i limiti della legittimazione al ricorso per ottemperanza. La giurisprudenza sottolinea la necessità che il ricorso per ottemperanza sia proposto solo da coloro che abbiano un interesse giuridico diretto derivante dall’esito del giudizio di cognizione.
Pubblicato il 11/10/2024
- 08171/2024REG.PROV.COLL.
- 03333/2024 REG.RIC.
- 03334/2024 REG.RIC.
- 03335/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui seguenti ricorsi in appello:
1) numero di registro generale 3333 del 2024, proposto da – OMISSIS – della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 79332347CB, 7933260D3E, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giosuè Borsi n. 4,
contro
– OMISSIS -, non costituita in giudizio,
nei confronti
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Calegari, Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arturo Cancrini in Roma, piazza San Bernardo n. 101;
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Biagini e Andrea Giuman, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– di – OMISSIS -, non costituita in giudizio;
2) numero di registro generale 3334 del 2024, proposto da – OMISSIS – della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 79332347CB, 7933260D3E, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giosuè Borsi n. 4,
contro
– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sonia Macchia, Stefano Vinti e Roberto Milia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
nei confronti
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Calegari, Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arturo Cancrini in Roma, piazza San Bernardo n. 101;
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Biagini e Andrea Giuman, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– di – OMISSIS – e del – OMISSIS – non costituiti in giudizio;
3) numero di registro generale 3335 del 2024, proposto da – OMISSIS – della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 79332347CB, 7933260D3E, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso il suo studio Luigi Garofalo in Roma, via Giosuè Borsi n. 4,
contro
– OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baccolini, Francesco Gesess, Edward W.W. Cheyne e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
nei confronti
– della Regione del Veneto, di – OMISSIS – e di – OMISSIS -, non costituite in giudizio;
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Biagini e Andrea Giuman, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– di – OMISSIS -, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Calegari, Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arturo Cancrini in Roma, piazza San Bernardo n. 101;
per la riforma
quanto al ricorso n. 3333 del 2024: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Terza) n. – OMISSIS -/2024, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 3334 del 2024: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Terza) n. 419/2024, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 3335 del 2024: della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione Terza) n. 418/2024, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di – OMISSIS -, di – OMISSIS -, di – OMISSIS – e del – OMISSIS -;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2024, il Cons. Giovanni Tulumello, e uditi per le parti gli Avvocati Alfredo Biagini, Sonia Macchia, Francesco Gesess, Giorgio Vercillo. Francesco Vagnucci e Ludovica Bernardi su delega dell’avv. Luigi Garofalo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- Le tre sentenze appellate nei giudizi riuniti hanno accolto altrettanti ricorsi, e relativi motivi aggiunti, proposti, rispettivamente, da – OMISSIS -, da – OMISSIS – S.p.a e dal – OMISSIS – per l’annullamento della deliberazione n. 613/2023 del 4 ottobre 2023, assunta dal Direttore generale di – OMISSIS -, avente ad oggetto “Procedura aperta telematica per la Gestione Energetica e Tecnologica Integrata degli impianti delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto (GETIS); conclusione del procedimento avviato con nota prot. n. 21089 del 02/08/2023”, comunicata al ricorrente il 6 ottobre 2023, che, con riferimento al procedimento avviato su istanza della ricorrente, “rigetta” “le istanze di – OMISSIS –”.
Il T.A.R. ha quindi annullato l’impugnata deliberazione e dichiarato “l’intervenuta inefficacia di tutti gli atti relativi alla procedura di gara relativamente ai lotti nn. 1 e 2”.
- Come osserva il primo giudice nella prima delle sentenze gravate, “Successivamente all’annullamento, disposto dal Consiglio di Stato con le sentenze nn. 2799 e 2795 del 20 marzo 2023, del bando di gara (per il mancato inserimento nello stesso dei cc.dd. C.A.M. di cui al d.m. 7 marzo 2012) e della relativa aggiudicazione con riferimento ai lotti 4 e 5, – OMISSIS – ha presentato all’Amministrazione resistente, il 17 aprile 2023, istanza volta a far accertare l’intervenuto annullamento anche degli atti relativi agli altri lotti nn. 1 e 2, muovendo dall’unicità del bando”.
Si è eccepito in primo grado che – OMISSIS – avrebbe dovuto agire con ricorso per ottemperanza delle richiamate sentenze del giudice d’appello, e non con un nuovo ricorso (in primo grado).
L’eccezione è stata parzialmente accolta dal TAR, con riguardo al primo motivo di censura (nullità dei provvedimenti impugnati per violazione o elusione del giudicato).
È stata invece ritenuta infondata con riguardo agli altri motivi: “Gli ulteriori motivi di impugnazione, per converso, come si dirà meglio anche nel prosieguo, non sono fondati sulla violazione o elusione del giudicato, ma sull’estensione degli effetti automaticamente caducanti derivanti dalle sentenze del Consiglio di Stato, relative ai lotti 3, 4 e 5, sugli atti dei lotti 1 e 2, come conseguenza, in particolare, dell’annullamento del bando di gara, in ragione dell’asserita unicità della stessa, sì che l’azione esercitata da parte ricorrente – alla quale si riferiscono i motivi di impugnazione successivi al primo – ha natura meramente dichiarativa di accertamento, cui è correlata l’impugnazione della delibera indicata in epigrafe, rispetto alla quale l’azione esperita può essere considerata caducatoria o parimenti meramente dichiarativa (di accertamento) a seconda del vizio (illegittimità, nullità, inefficacia) che si ritiene derivare dall’inefficacia predetta”.
Il TAR ha altresì ritenuto infondata l’eccezione d’improcedibilità sollevata con riguardo alla mancata impugnazione del provvedimento con cui è stata indetta una nuova procedura per i lotti 3, 4 e 5.
Nel merito, all’esito di ampia riflessione il TAR ha affermato la sostanziale unicità dell’appalto, accogliendo il ricorso di primo grado sulla base del rilievo che “il bando di gara non sia meramente un “tronco comune” dei cinque lotti, ma l’atto generale unico posto a fondamento degli stessi. Ne consegue che intervenuto l’annullamento dello stesso – (…), peraltro, per un vizio sostanziale e radicale come la mancanza dei CAM -, non può non derivare, alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato più sopra ricordata, un effetto automaticamente caducante con riguardo a tutti gli atti di tutti i lotti in gara, i quali, sotto il profilo in questione, simul stabunt simul cadent, perché tutti dipendenti quale atto presupposto essenziale dal bando “unico” nel senso precisato. In senso contrario non può essere valorizzato l’eventuale vulnus del diritto di difesa eventualmente patito, nel caso concreto, da – OMISSIS – spa e – OMISSIS – spa (aggiudicatarie dei lotti in contestazione nn. 1 e 2) per non essere state chiamate nei giudizi di cui alle sentenze nn. 2795 e 2799/23. Infatti, per un verso, trattandosi di un vizio eventualmente concernente queste due decisioni le società controinteressate potrebbero e dovrebbero al più esperire gli strumenti a ciò preposti dall’ordinamento processuale (opposizione di terzo); per altro verso, dalla lettura di entrambe le predette decisioni e dall’esame delle decisioni di primo grado dell’intestato TAR – poi dalle prime riformate – risulta come in concreto sia – OMISSIS – spa, che – OMISSIS – spa, abbiano partecipato ad entrambi i giudizi”.
- Analoghe statuizioni sono state rese dal TAR nei ricorsi proposti da – OMISSIS – S.p.a e dal – OMISSIS -.
- La sentenza n. – OMISSIS – del 2024 è stata impugnata con ricorso in appello (n. 3333/2024) da – OMISSIS -, che ha dedotto:
4.1. con i primi due motivi, che l’eccezione d’inammissibilità andava accolta interamente e non in parte, e che l’azione proposta da – OMISSIS – non è di accertamento;
4.2. con il terzo motivo, che – OMISSIS – è carente di interesse a ricorrere, non avendo i requisiti per partecipare alla gara;
4.3. con il quarto motivo, che il TAR avrebbe dovuto accogliere, e non respingere, l’eccezione d’improcedibilità sollevata in primo grado con riguardo alla mancata impugnazione del provvedimento con cui è stata indetta una nuova procedura per i lotti 3, 4 e 5 (dato che tale provvedimento a suo dire escludeva l’effetto sui lotti 1 e 2 dei precedenti giudicati);
4.4.con il quinto, sesto, settimo ed ottavo motivo che, nel merito, la decisione del T.A.R. sarebbe errata con riferimento: all’istituto della invalidità caducante; all’ applicazione della normativa nazionale ed europea in materia di appalti suddivisi in lotti, con particolare riferimento alla categoria dell’atto plurimo;
4.5. con il nono motivo, che errata sarebbe la conclusione del TAR sulla violazione del diritto di difesa di – OMISSIS – e – OMISSIS -;
4.6. con il decimo motivo, che la sentenza di primo grado sarebbe altresì viziata per violazione del principio di affidamento e di certezza del diritto;
4.7. con l’undicesimo motivo che la sentenza di primo grado sarebbe erronea nella parte in cui ha dichiarato illegittimi sia gli atti della procedura relativa ai lotti 1 e 2, sia il successivo diniego di autotutela.
- Anche la sentenza n. 419 del 2024 è stata impugnata con ricorso in appello da – OMISSIS – (n. 3334/2024), che ha dedotto analoghe censure, con la precisazione che il terzo motivo non è relativo alla mancanza di requisiti, ma al fatto che – OMISSIS – “ha partecipato ai lotti nn. 1 e 2, si è classificata al terzo posto in entrambi i casi e non ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione”.
- Infine, la sentenza n. 418 del 2024 è stata impugnata con ricorso in appello da – OMISSIS – (n. 3335/2024), che ha dedotto analoghe censure, con le seguenti, peculiari precisazioni:
6.1. quanto al secondo motivo, in punto di interesse al ricorso l’appellante deduce che il TAR avrebbe male interpretato l’eccezione di carenza d’interesse sollevata in primo grado, in relazione al fatto che CMF ha dedotto la violazione di sentenze di questo Consiglio di Stato dallo stesso impugnate davanti alla Corte di Cassazione (con ciò a suo dire concretando una forma di abuso del processo), ed avrebbe quindi erroneamente deciso su tale eccezione;
6.2. quanto ai motivi terzo e terzo-bis, l’azione proposta da CMF in primo grado sarebbe in realtà un ricorso per ottemperanza, e non un’azione di accertamento.
- La parte appellante ha altresì chiesto al Presidente di questo Consiglio di Stato di assegnare i tre ricorsi in appello all’Adunanza plenaria, in applicazione dell’art. 99, comma 2, cod. proc. amm.; l’indicata domanda è stata respinta con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, fatta salva la valutazione del Collegio circa l’eventuale sussistenza dei presupposti per una rimessione ai sensi dell’art. 99, comma 1, stesso codice.
- Si sono costituiti: nel giudizio n. 3333/2024 – OMISSIS – e – OMISSIS -; nel giudizio n. 3334/2024, – OMISSIS – S.p.a, – OMISSIS – S.p.a e – OMISSIS – S.p.a; nel giudizio n. 3335/2024, – OMISSIS -, – OMISSIS – ed il – OMISSIS -.
8.1. Nel giudizio n. 3334/2024 – OMISSIS -, ricorrente in primo grado, ha proposto appello incidentale con cui:
8.1.1. censura l’accoglimento parziale da parte del TAR dell’eccezione d’inammissibilità (per mancata attivazione del giudizio di ottemperanza): il TAR si sarebbe fermato alla qualificazione – formale – della censura riveniente dalla (sola) rubrica della stessa;
8.1.2. censura “le argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado in ordine all’irrilevanza degli insegnamenti della Plenaria o alla non vincolatività della pronuncia di Codesta Sezione n. 4831/2023, per l’ipotesi in cui dovessero impedire a Codesto Collegio di accogliere la prospettazione dei vizi fornita col ricorso di primo grado, in quanto contraddittori e illogici nel contesto argomentativo della sentenza e comunque non coerenti con il principio di diritto a valenza generale sancito dalle stesse sentenze” (il punto è relativo alla questione dell’atto plurimo, delle decisioni dell’Adunanza plenaria nn. 4 e 5 del 2019, e del diritto di difesa di – OMISSIS – e – OMISSIS -).
8.2. Nel giudizio n. 3335/2024 il ricorrente in primo grado ( – OMISSIS -) ha a sua volta proposto appello incidentale, con cui ha censurato la sentenza del TAR:
8.2.1. nella parte in cui, ricostruendo la disciplina delle gare per lotti, ha escluso che il diritto dell’UE avrebbe rilevanza con riguardo a determinate norme ed istituti propri del diritto interno, che depongono nel senso della unitarietà dell’oggetto della procedura;
8.2.2. nella parte in cui ha escluso un legittimo affidamento di CMF “a concorrere nell’ambito della nuova procedura di gara che – OMISSIS – deve necessariamente bandire per l’affidamento delle prestazioni oggetto di tutti e cinque i lotti originari”;
8.2.3. nella parte in cui “ha affermato che la tesi che ammette la possibilità di qualificare il bando di una gara ripartita in più lotti quale provvedimento ad oggetto plurimo «non appare in contrasto con la c.d. direttiva ricorsi (dir. 89/665/CEE)»”;
8.2.4. nella parte in cui non ha esaminato le censure di carattere procedimentale dedotte con il ricorso di primo grado con riguardo al diniego di autotutela.
8.3. Il – OMISSIS – ha chiesto altresì – per l’ipotesi di accoglimento dell’appello principale – il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sui seguenti quesiti:
8.3.1. «se gli articoli 5 e 46 Direttiva 2014/24/UE, letti anche alla luce del principio del primato del diritto dell’Unione, del principio di concorrenza e degli articoli 49 (libertà di stabilimento) e 56 (libertà di prestazione di servizi) TFUE, debbano essere interpretati nel senso che, qualora una amministrazione aggiudicatrice decida di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati, la gara indetta con la pubblicazione del bando è unitaria per tutti i singoli lotti»;
8.3.2. «se gli articoli 5 e 46 Direttiva 2014/24/UE, letti anche alla luce del principio di concorrenza e degli articoli 49 (libertà di stabilimento) e 56 (libertà di prestazione di servizi) TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una giurisprudenza e a una prassi amministrativa nazionale che qualifica il bando di indizione di una gara per l’aggiudicazione di un appalto sotto forma di lotti separati quale atto ad oggetto plurimo disciplinante un numero di gare autonome e distinte corrispondente al numero dei lotti da assegnare»;
8.3.3. «se gli articoli 1 e 2 della Direttiva 89/665/CEE, gli articoli 5 e 46 Direttiva 2014/24/UE, letti anche alla luce del principio del primato del diritto dell’Unione, del principio di concorrenza e degli articoli 49 (libertà di stabilimento) e 56 (libertà di prestazione di servizi) TFUE e del principio di tutela del legittimo affidamento, devono essere interpretati nel senso che l’annullamento pronunciato da parte dell’autorità giurisdizionale di uno Stato membro di un bando di gara con il quale è stata indetta una procedura per l’aggiudicazione di un appalto sotto forma di lotti separati disciplinato dalla Direttiva 2014/24/UE, qualora il vizio sia tale da invalidare l’intera procedura, anche per violazione di una norma della Direttiva 2014/24/UE, determini la caducazione e/o comunque l’inefficacia dell’intera gara e, quindi, anche del provvedimento di aggiudicazione di tutti i singoli lotti separati».
- Alla camera di consiglio del 23 maggio 2024, sull’accordo delle parti, i ricorsi sono stati rinviati al merito alla pubblica udienza del 26 settembre 2024, e in tale data definitivamente trattenuti in decisione.
- Preliminarmente il Collegio ritiene che i tre ricorsi in appello debbano essere riuniti – ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm. – in quanto oggettivamente connessi: le tre sentenze impugnate hanno deciso altrettanti ricorsi proposti per l’annullamento del medesimo provvedimento, e nei ricorsi in appello in essi, salvo le marginali differenze peculiari sopra richiamate, si controverte principalmente delle medesime questioni.
Il Collegio, anche per l’esigenza di rispettare il principio di sinteticità (art. 3, comma 2, cod. proc. amm.) esaminerà pertanto tali questioni – muovendo dall’esame del primo ricorso in ordine di ruolo – con comune riferimento ai tre giudizi laddove le stesse sono state dedotte negli stessi termini e in presenza delle stesse circostanze – per poi trattare le peculiari differenze che dovessero riscontrarsi con riguardo agli altri due giudizi.
- Sempre in via preliminare il Collegio rileva che tutti e tre gli appelli principali constano di oltre cinquanta pagine, in violazione dell’art. 3, comma 1, lett. b), del decreto del Presidente del Consiglio di Stato 22 dicembre 2016, n. 167, che, in attuazione dell’articolo 13-ter disp. att. c.p.a., ha stabilito per tale categoria di atti il limite dimensionale di “70.000 caratteri (corrispondenti a circa 35 pagine nel formato di cui all’articolo 8)”.
Peraltro tale superamento non risulta oggetto di domanda di deroga, ai sensi dei successivi artt. 5 e 6 del richiamato decreto.
Il Collegio, pur ritenendo – stante la delicatezza delle questioni dedotte e dell’oggetto dei giudizi – di non far conseguire a tale violazione la sanzione dell’inutilizzabilità delle parti da escludere (secondo i criteri di computo del ridetto limite stabiliti dall’art. 4 del medesimo decreto), ai sensi dell’art. 13-ter, comma 5, dell’allegato II al cod. proc. amm.), non può non rilevare come un siffatto superamento della disciplina dei limiti dimensionali – funzionale ad assicurare l’effettiva attuazione nel singolo giudizio dei princìpi di chiarezza e di sinteticità di cui all’articolo 3, comma 2, del codice del processo amministrativo – risulti particolarmente controindicato nel rito in materia di appalti, soggetto a termini abbreviati, e in una vicenda complessa quale quella concretamente dedotta (fermo restando che laddove siffatta complessità avesse realmente imposto l’esigenza di una esposizione maggiormente elaborata sul piano quantitativo, come ricordato si sarebbe potuto e dovuto attivare la procedura di cui ai citati artt. 5 e 6 del richiamato d.P.C.S.).
- Come ricordato, i tre appelli principali impugnano le sentenze nn. – OMISSIS -, 419 e 418 del 2024 del T.A.R. Veneto, con cui sono stati accolti i ricorsi proposti (rispettivamente) da – OMISSIS -, – OMISSIS – Sp.a. e – OMISSIS -.
Come poi specifica la sentenza n. 418, “L’appello proposto da Engie Servizi, in relazione al lotto n. 3, trattenuto in decisione dopo la pubblicazione delle sentenze nn. 2795 e 2799 del 2023, è stato dichiarato improcedibile dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4831/2023, che ha affermato l’avvenuta caducazione degli atti anche relativi a tale lotto per effetto delle due sopracitate decisioni”.
Per i lotti 1 e 2 avevano presentato ricorso – OMISSIS – (contro l’aggiudicazione a – OMISSIS – del lotto 2) e – OMISSIS – (contro l’aggiudicazione a – OMISSIS – del lotto 1), e i due ricorsi sono stati dichiarati dal TAR improcedibili per rinuncia.
L’appellante principale ritiene che ciò precluda la messa in discussione di quelle aggiudicazioni e dei relativi contratti.
- Con il primo motivo di impugnazione, – OMISSIS – reitera l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, per erroneo utilizzo dell’ordinaria azione di annullamento in luogo dell’azione di ottemperanza, il cui utilizzo sarebbe stato doveroso per far valere il lamentato vizio di nullità del provvedimento impugnato per violazione di giudicato; in particolare, l’eccezione è stata accolta dal T.A.R. solo limitatamente al primo motivo, mentre a dire dell’odierna appellante avrebbe dovuto determinare l’inammissibilità in toto del ricorso di primo grado, atteso che tutte le censure con lo stesso articolate – al di là di come rubricate o sviluppate – nella sostanza sarebbero state intese a far valere il contrasto delle determinazioni dell’Amministrazione con il giudicato riveniente dalla nostra sentenza n. 4831/2023 (o, al limite, dalle precedenti nn. 2795 e 2799/2023).
- Il mezzo, ad avviso del Collegio, è infondato.
La ricorrente in primo grado, – OMISSIS -, non era stata ricorrente vittoriosa – e, anzi, non era stata ricorrente tout court – nei giudizi conclusisi con le sentenze suindicate, e pertanto sarebbe stata priva di ogni legittimazione a proporre azione per la loro esecuzione (una tale azione sarebbe stata dichiarata de plano inammissibile).
Al riguardo, è sufficiente richiamare la pacifica giurisprudenza per cui legittimate, in via generale ed esclusiva, alla proposizione del giudizio di ottemperanza sono tutte e solo le parti la cui domanda sia stata accolta nel giudizio di cognizione concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, e non tutte quelle che abbiano tratto un vantaggio dalla medesima pronuncia, dal momento che il ricorso d’ottemperanza – sin dalla sua istituzione con la legge del 1889 – costituisce un rimedio volto ad ottenere l’esecuzione di una pronuncia giurisdizionale che abbia accolto una propria precedente domanda e che sia rimasta ineseguita (in tal senso Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 2022, n. 8449; id., sez. IV, 6 luglio 2022, n. 5621; id., 9 novembre 2019, n. 7675), atteso che l’interesse a ricorrere in sede di ottemperanza è il medesimo interesse che sorregge l’azione di cognizione o, come anche è stato detto, si tratta di un “prolungamento in altra forma processuale dell’interesse ad agire che ha retto il giudizio di cognizione e che è stato valutato nella sentenza di cui si chiede l’ottemperanza” (così testualmente Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2020, n. 818).
Del resto, pur in carenza di giurisprudenza che abbia specificamente affrontato il punto, alla luce di quanto sopra evidenziato in ordine all’individuazione dei soggetti legittimati all’azione di ottemperanza, il vizio di nullità per violazione o elusione di giudicato ha portata generale ai sensi dell’articolo 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e pertanto può essere fatto valere non solo dalla parte risultata vittoriosa nel giudizio a quo (la quale, giusta la giurisprudenza inaugurata dall’Adunanza plenaria n. 2 del 15 gennaio 2013, dovrà necessariamente adire il giudice dell’ottemperanza), ma anche da chiunque vi abbia interesse giusta l’articolo 31, comma 1, cod. proc. amm., disposizione non derogata dal terzo periodo del comma 4 del medesimo articolo (e in questo caso è evidente che l’unico strumento utilizzabile sarà l’azione di nullità disciplinata dallo stesso articolo 31).
Di conseguenza, è fallace il presupposto da cui muove il mezzo in esame, ossia che il vizio di nullità per violazione o elusione del giudicato ricada sempre e comunque nella competenza del giudice dell’ottemperanza, anche quando chi lo fa valere sia quisque de populo rispetto al giudizio in cui il giudicato si sia formato: tale “residuale” possibilità che il vizio in questione sia conosciuto dal giudice del rito ordinario si invererà, in particolare, proprio nelle ipotesi – come quella che qui ricorre – in cui un soggetto che non è stato parte del giudizio pregresso invochi il giudicato in proprio favore, sulla base di una sua reale o supposta efficacia erga omnes.
- Le considerazioni che precedono inducono a ritenere non condivisibile finanche il parziale accoglimento dell’eccezione, cui è pervenuto il T.A.R. in relazione al solo primo motivo di ricorso: tuttavia, tale motivo di impugnazione non è stato gravato in via incidentale dalla ricorrente in primo grado (la quale, anzi, non si è affatto costituita in appello).
Un simile gravame incidentale è stato però proposto nel giudizio n. 3334/2024, ed esso per le ragioni fin qui esposte risulta fondato e come tale va accolto, con conseguente riforma della sentenza di primo grado nel senso dell’infondatezza tout-court dell’eccezione in quella sede sollevata.
- – Nell’ordine logico, dovendo darsi priorità ai motivi con i quali sono riproposte le questioni preliminari disattese dal primo giudice, va poi esaminato il terzo mezzo, con cui è reiterata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione di primo grado per carenza di interesse, per non avere – OMISSIS – preso parte alla gara per cui è causa, non avendone i requisiti, e non potendo in ogni caso partecipare all’eventuale nuova procedura selettiva che – OMISSIS – dovrebbe indire in caso di conferma della sentenza di primo grado.
In argomento il Collegio ritiene che il motivo sia infondato e che sul punto vada confermata, sia pure con motivazione in parte diversa, la sentenza gravata.
In materia deve farsi piana applicazione dei principi elaborati dall’ormai consolidata giurisprudenza in tema di interesse “strumentale” alla rinnovazione della procedura di affidamento; in particolare:
16.1. nel caso di specie sussistevano le condizioni per il riconoscimento in capo alla ricorrente di tale peculiare interesse, e segnatamente sia l’esistenza di una lesione concreta e attuale della sua sfera giuridica per effetto delle decisioni dell’Amministrazione (essendole stata preclusa la partecipazione alla gara per carenza dei requisiti previsti proprio dal bando di cui aveva chiesto la caducazione) sia l’utilità “mediata” che le sarebbe derivata dall’accoglimento del ricorso, sub specie di astratta possibilità di partecipare alla nuova gara che – OMISSIS – avrebbe potuto/dovuto indire a seguito dell’annullamento della precedente;
16.2. quanto a quest’ultimo profilo, le deduzioni di parte appellante circa l’asserita impossibilità per – OMISSIS – di partecipare a siffatta nuova gara si risolvono in un’impropria anticipazione della futura attività amministrativa (oltre tutto in forma non solo congetturale, ma anche alternativa, ossia ipotizzando sia che tale gara sia identica alla precedente sia che prenda a modello le nuove gare svolte per i lotti annullati), con ciò sollecitando una decisione giudiziale, in violazione dell’articolo 34, comma 2, c.p.a., su poteri amministrativi non ancora esercitati (e che, anzi, allo stato non è dato sapere come e nemmeno se saranno esercitati).
16.3. Le medesime considerazioni sorreggono identica decisione di rigetto del terzo motivo anche nei ricorsi n. 3334 e n. 3335 del 2024.
16.3.1. Nel primo caso, come accennato, il mezzo non è relativo alla mancanza di requisiti, ma al fatto che – OMISSIS – “ha partecipato ai lotti nn. 1 e 2, si è classificata al terzo posto in entrambi i casi e non ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione”: tale diversa prospettazione non altera la richiamata delibazione d’infondatezza del mezzo in relazione alla sussistenza di un valido interesse strumentale.
16.3.2. Nel secondo caso, ferma restando anche in questo caso la validità della superiore conclusione con riguardo alla identica questione (pur se diversamente prospettata) oggetto del terzo motivo di appello, con ulteriore motivo (terzo bis) l’appellante censura la motivazione con cui il T.A.R. ha respinto l’eccezione relativa all’impugnazione per cassazione proposta da CMF delle sentenze della cui esecuzione si discute.
In argomento – fermo restando che la Corte di Cassazione ha medio tempore respinto i ricorsi di CMF, e quindi all’esito di ciò è del tutto legittimo che CMF agisca per la loro attuazione – è sufficiente osservare che in realtà non vi è alcuna contraddittorietà di comportamenti alla luce della diversa posizione processuale rivestita da CMF nei diversi giudizi: in quelli definiti con le sentenze nn. 2795 e 2799 del 2024 era parte resistente, essendo risultata aggiudicataria dei lotti per cui era causa, mentre in questo caso pacificamente non era risultata aggiudicataria dei lotti nn. 1 e 2, e dunque agiva per far valere il proprio interesse alla rinnovazione delle relative procedure.
Anche questo motivo, pertanto, deve essere respinto.
- Del pari infondato è il quarto motivo degli appelli principali, con il quale è reiterata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione della deliberazione n. 730/2023 nella parte in cui non indiceva una nuova gara anche per i lotti nn. 1 e 2, oltre che per i nn. 3, 4 e 5.
Per pacifica giurisprudenza, la decisione dell’amministrazione di non indire una procedura di evidenza pubblica può essere censurata dall’operatore economico del settore attraverso l’impugnazione dell’atto con cui la stessa Amministrazione acquisti con modalità diverse (ad esempio mediante affidamento diretto) il medesimo bene o servizio che avrebbe dovuto formare oggetto dell’auspicata procedura concorrenziale; in questo caso, invece, parte appellante sostiene:
17.1. che la suindicata delibera n. 730/2023, pur occupandosi di lotti diversi da quelli cui l’originaria ricorrente era interessata (e al di là del fatto che menzionasse incidentalmente anche questi ultimi), sarebbe stata implicitamente lesiva del predetto interesse non per il proprio contenuto dispositivo, ma per ciò che non conteneva (ossia l’estensione anche ai lotti nn. 1 e 2 delle nuove procedure indette per i lotti nn. 3, 4 e 5);
17.2. che tale delibera, per di più, avesse un contenuto lesivo nuovo e ulteriore rispetto al provvedimento, impugnato da – OMISSIS – in prime cure, con cui la stessa – OMISSIS -, riscontrando negativamente l’istanza della stessa – OMISSIS -, aveva già manifestato l’intendimento di tenere fermi gli esiti delle procedure di affidamento svolte in relazione ai citati lotti nn. 1 e 2, al punto da imporne un’autonoma impugnazione.
La non condivisibilità di tali assunti risulta evidente, alla stregua dei piani e notori princìpi sull’interesse a ricorrere e sulla lesività degli atti amministrativi, sicché il Collegio ritiene che sul punto debbano trovare piena conferma le conclusioni del primo giudice, non superate dagli argomenti posti a fondamento dal mezzo in esame.
- I motivi dal quinto all’ottavo degli appelli principali, oltre al secondo e al decimo degli stessi, possono essere oggetto di esame congiunto, vertendo in merito a profili strettamente connessi in quanto attinenti ad una unitaria questione, articolata con riguardo a diversi profili.
La stazione appaltante con tali mezzi contesta le conclusioni cui il T.A.R. è giunto, di condivisione di quanto affermato nella sentenza di questa Sezione n. 4831 del 2023, sulla scorta dei seguenti argomenti:
18.1. erroneità e inconferenza del richiamo del T.A.R. all’azione di accertamento ed alla giurisprudenza a questa relativa, essendo evidente da una piana lettura del ricorso di primo grado che con esso era stata esercitata un’azione di annullamento (attraverso l’impugnazione del diniego opposto da – OMISSIS – all’istanza intesa a ottenere la revoca degli affidamenti disposti in relazione ai lotti nn. 1 e 2, o comunque l’indizione di nuove gare anche per tali lotti);
18.2. erroneo governo della nozione di “invalidità caducante”, dapprima ritenuta non rilevante ai fini della decisione e poi di fatto applicata;
18.3. erronea affermazione dell’irrilevanza delle sentenze dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nn. 4 e 5 del 2019, laddove a dire dell’appellante principale alcuni principi enunciati dalle stesse avrebbero dovuto indirizzare nel senso del rigetto della domanda attorea;
18.4. erroneità dell’approccio “relativistico” e “casistico” seguito dal T.A.R. per dare risposta all’interrogativo circa la natura unitaria o plurima di una gara suddivisa in lotti, con la conseguenza di introdurre un tertium genus di atto plurimo, oltre a quelli inscindibili e scindibili, in contrasto con i principi del diritto nazionale ed europeo;
18.5. violazione delle norme europee, e in particolare del principio del legittimo affidamento;
18.6. non condivisibilità, in ogni caso, della ritenuta natura unitaria della procedura suddivisa in lotti per cui è causa.
- Il Collegio ritiene anzitutto pienamente condivisibile la scelta del primo giudice di attribuire rilevanza, ai fini dell’approfondimento dell’ipotizzata efficacia caducante del giudicato formatosi inter alios, alle sentenze di annullamento nn. 2795 e 2799 del 2023 piuttosto che alla n. 4831 del 2023, nella quale – in realtà – si è semplicemente preso atto dell’intervenuto annullamento del bando a monte, verificatosi in distinto giudizio relativo a lotti diversi e rilevante come “fatto storico” conoscibile dal giudice anche d’ufficio nella misura in cui abbia determinato la caducazione automatica degli atti relativi ai lotti in questione, incidendo quindi sulle condizioni dell’azione (che il giudice può verificare sempre e anche d’ufficio).
Su profilo si rinvia peraltro alle ulteriori considerazioni che saranno svolte infra.
- Fatta questa premessa, osserva il Collegio che alcuni degli argomenti motivazionali utilizzati dal primo giudice, e criticati nei richiamati motivi di gravame, risultano non condivisibili: nondimeno, il superamento di tali argomenti non implica riforma (del contenuto dispositivo) della sentenza gravata, ma unicamente la sua conferma con diversa motivazione.
In particolare, il Collegio ritiene di non condividere l’approccio “casistico” e “relativistico” utilizzato dal primo giudice, attraverso il quale si finisce per rimettere alla valutazione dell’interprete, chiamato caso per caso alla verifica della natura unitaria o non della procedura di gara, una serie di ricadute di estremo rilievo con riguardo all’efficacia “esterna” della sentenza di annullamento di un bando di gara.
Tale questione, all’evidenza, dovrebbe essere risolta sulla base di regole e principi oggettivi e omogenei, che attingano alle categorie fondamentali del diritto sostanziale (quanto alla tassonomia dei provvedimenti amministrativi, ai loro destinatari ed alla natura giuridica dei bandi di gara) e processuale (quanto al tema dell’efficacia “esterna” del giudicato di annullamento) in subiecta materia, piuttosto che ad un’impostazione inevitabilmente “soggettivistica” e come tale foriera di esiti opinabili e contraddittori, in quanto peraltro suscettibile di legittimare – sul piano del metodo, e prescindendo dal caso di specie – approcci creazionisti, lesivi dei fondamentali valori della certezza e della prevedibilità del diritto.
- Al di là del rilievo loro attribuito dalla motivazione della sentenza gravata (che le ha ritenute non pertinenti alla fattispecie dedotta: in quel caso si trattava di annullamento di un atto generale modificativo di una graduatoria concorsuale, e non di un bando di gara), la chiave di volta per la risoluzione della controversia deve essere rinvenuta proprio nelle decisioni dell’Adunanza plenaria nn. 4 e 5 del 27 febbraio 2019: che in realtà esprimono – e richiamano – principi fondamentali espressi sia in dottrina che in giurisprudenza, assolutamente pertinenti rispetto alla questione che qui viene in rilievo.
Occorre infatti anzitutto avere riguardo alla natura giuridica del bando di gara come provvedimento amministrativo e trarne le conseguenze applicando i principi generali enunciati dalla giurisprudenza.
Su questo piano, occorre innanzitutto rammentare che per pacifica giurisprudenza i bandi di gara – così come quelli di concorso -, pur non avendo natura regolamentare né normativa, sono atti amministrativi generali in quanto rivolti a una platea di destinatari non individuabile ex ante, ossia a tutti coloro che possono essere interessati a partecipare alla procedura competitiva e che in fatto vi parteciperanno (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 25 febbraio 2014, n. 9; id., 28 luglio 2011, n. 14; id., 24 maggio 2011, n. 9; id., 27 gennaio 2003, n. 1).
Va quindi sinteticamente rammentato che, per pacifica giurisprudenza, la differenza tra gli atti regolamentari e gli atti amministrativi generali è individuabile proprio nel fatto che, mentre per i primi i destinatari sono indeterminabili sia a priori che ex post, per i secondi lo sono solo a priori (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Ad. pl., 4 maggio 2012, n. 9; id., sez. VI, 18 febbraio 2011, n. 823).
Incidentalmente, nella sopra richiamata sentenza di questa Sezione n. 4831/2023 il bando di gara viene espressamente definito “atto amministrativo generale”: questo è un elemento testuale che – ferma restando la rilevanza qualificatoria, sul piano sistematico, al di là del ridetto nomen iuris – non può non essere valorizzato per ricostruirne il percorso logico-giuridico e valutare la correttezza delle conclusioni raggiunte.
- Orbene, se si pone il giusto riguardo al contenuto delle ricordate sentenze della Plenaria nn. 4 e 5 del 2019, si percepisce chiaramente che queste hanno elaborato una tassonomia dei casi eccezionali di efficacia “esterna” del giudicato di annullamento, in deroga alla regola di cui all’articolo 2909 c.c., basata sulla nota differenza tra contenuti “inscindibili” e “scindibili”, sull’evidente premessa che tale problematica afferisce ai provvedimenti amministrativi aventi una pluralità di destinatari, alcuni solo dei quali li abbiano impugnati ottenendone l’annullamento, ma che i detti provvedimenti non ricadano nel genus dei regolamenti e degli atti amministrativi generali, per i quali resta valido il tradizionale (e consolidato) insegnamento per cui il loro annullamento non può che produrre effetti erga omnes, trattandosi – per così dire – di atti sempre e intrinsecamente inscindibili.
Anche successivamente alle citate decisioni della Plenaria la giurisprudenza, anche per gli atti amministrativi generali quali sono i bandi di gara e di concorso, ha continuato ad affermare, anzi trovandone conferma proprio nelle statuizioni del S.C., la regola dell’efficacia erga omnes dell’annullamento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11199; id., sez. VII, 14 febbraio 2022, n. 1083; id., sez. VI, 28 maggio 2019, n. 3480).
La ragione di ciò è intuitiva, e risiede proprio nel fatto che gli atti amministrativi generali condividono con i regolamenti l’indeterminabilità ex ante dei potenziali destinatari: in altri termini, l’illegittimità del bando può aver prodotto effetti distorsivi già nel momento delle scelte di chi doveva decidere se partecipare o no alla procedura, e pertanto non è giustificabile che questi effetti distorsivi permangano anche dopo il suo annullamento, sia pure parzialmente.
- Date le superiori premesse, gli appelli principali proposti da – OMISSIS – devono essere respinti anche nel merito, confermando le conclusioni del primo giudice ancorché all’esito di un percorso motivazionale, come detto, diverso rispetto a quello seguito nella sentenza impugnata.
L’illegittimità del diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza degli originari ricorrenti discende (oltre che dall’erroneo riferimento – probabilmente indotto dalla stessa istanza – alla sentenza n. 4831/2023, quando – come detto – quelle rilevanti erano le nn. 2795 e 2799 del 2023):
23.1 dall’erronea affermazione di un’inidoneità delle precedenti sentenze a produrre effetti in relazione ai lotti nn. 1 e 2, stante la necessaria efficacia erga omnes dell’annullamento del bando in ragione della sua natura di atto amministrativo generale;
23.2. dalla derubricazione a mera “opinione del Consiglio di Stato priva di forza cogente” di quello che invece è un effetto costitutivo riconducibile – come più volte evidenziato – alle sentenze nn. 2795 e 2799 del 2023 prima ancora che alla n. 4831/2023 (che di tale effetto ha semplicemente preso atto);
23.3. dall’erroneo richiamo della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in materia: la quale, salvo che per pochissimi isolati precedenti (come appresso si vedrà), non contraddice affatto le superiori conclusioni, che anzi discendono dalla piana applicazione dei principi enunciati dalla stessa Adunanza plenaria (i precedenti richiamati non attengono praticamente mai a ipotesi di annullamento del bando, ma ad altre fattispecie – ad esempio illegittima composizione della Commissione di gara – in cui non viene in rilievo la natura di atto amministrativo generale del provvedimento impugnato, ed è dunque predicabile – e rilevante – la distinzione tra atti inscindibili e scindibili).
- Va a questo punto osservato che la tesi posta dal Collegio a fondamento delle argomentazioni fin qui esposte, basata sulle ricadute processuali della qualificazione del bando di gara quale atto amministrativo generale, deve confrontarsi con l’obiezione per cui nel caso di specie la teorica dell’atto amministrativo generale sopra richiamata si applicherebbe a ciascun bando relativo al singolo lotto, e non alla legge dell’intera gara.
24.1. Siffatta obiezione, tuttavia, risulta anzitutto non coerente con il paradigma normativo relativo all’istituto della suddivisione in lotti (art. 51 d. lgs. n. 50 del 2016), avuto riguardo alla specifica fattispecie dedotta.
L’indicata disposizione – rispetto alla quale si pone in linea di sostanziale continuità il successivo art. 58 del d. lgs. n. 36 del 2023: si veda sul punto la Relazione al Codice, piuttosto esplicita in tal senso – chiarisce che rispetto all’interesse al risultato che l’amministrazione si propone di soddisfare attraverso il contratto, la suddivisione in lotti ha una funzione meramente proconcorrenziale: non soltanto estranea all’interesse predetto, ma anzi con esso potenzialmente confliggente.
Il valore o interesse antagonista, rispetto al favor per le piccole e medie imprese che induce alla suddivisione, è dato sia dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa (e, in genere, alla funzionalità della prestazione contrattuale rispetto all’interesse pubblico ad essa sotteso), sia dalla convenienza economica per la stazione appaltante, normalmente favorita dalla soluzione “aggregante”.
In questo senso il “considerando” 2 della direttiva 2014/24/UE pone fra gli obiettivi della disciplina europea dell’appalto pubblico un “uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici” e l’accrescimento dell’“efficienza della spesa pubblica”.
In altre parole, la scelta di suddividere in lotti, funzionale a favorire l’accesso delle piccole e medie imprese alle gare, non è – rispetto all’interesse portato dall’Amministrazione nella vicenda negoziale – “naturale”, ma al contrario artificiale, e può cozzare con l’interesse pubblico al raggiungimento del risultato avuto di mira dalla stazione appaltante.
La causa negoziale nella quale si sostanzia l’interesse dell’Amministrazione all’approvvigionamento si coglie dunque solo avendo riguardo all’intera operazione amministrativa e contrattuale.
24.2. Date le superiori premesse normative, due argomenti risultano nel caso di specie dirimenti nel senso di escludere una visione atomistica e parcellizzata dell’unica legge di gara, come auspicata da alcune parti dei giudizi riuniti.
In primo luogo, non risulta che la suddivisione in lotti abbia seguito un criterio (funzionale, o prestazionale) diverso da quello meramente quantitativo (di suddivisione su base territoriale e geografica).
In secondo luogo, occorre tener conto della peculiare natura della violazione accertata con riguardo ai lotti in relazione ai quali si è formato il giudicato di annullamento.
Si tratta di una vicenda che, in combinato con la sopra richiamata natura della suddivisione, non ha avuto riguardo a profili dotati di reali attributi di autonomia in relazione a ciascun lotto (sulla rilevanza funzionale dei criteri ambientali minimi in sede di perimetrazione della prestazione negoziale, e sulla connessa qualificazione dell’interesse dell’amministrazione rispetto al contratto di appalto, si vedano, ex multis, le sentenze di questa Sezione n. 8773/2022 e n. 4701 del 2024).
24.3. A fronte di tali caratteristiche della fattispecie, non rilevano, in senso contrario, allegazioni tendenti a valorizzare elementi puramente formali, e comunque inidonei a superare il superiore rilievo strutturale e funzionale.
La circostanza che occorresse avere riguardo, per ciascun lotto, alle caratteristiche concrete del fabbisogno energetico non esclude l’unitarietà del vizio condizionante – sul piano funzionale – i singoli contratti relativi a ciascun lotto.
Che la legge di gara imponesse la compilazione dei documenti dell’offerta secondo la specificità di ogni singolo lotto non esclude infatti che proprio l’offerta fosse comunque condizionata, a monte, e per ciascun lotto in pari misura e con medesimi effetti, dal recepimento o meno dei criteri ambientali in sede di lex specialis.
Anche la circostanza che all’aggiudicazione consegue l’affidamento di tante convenzioni-quadro quanti sono i lotti è una ricaduta puramente formale della richiamata suddivisione in lotti dell’oggetto del contratto.
Neppure rileva, infine, il rilievo per cui l’illegittimità accertata con efficacia di giudicato non in tutti i lotti implicherebbe penalizzazione dell’offerente: non è infatti questa la ratio della violata disciplina dei criteri ambientali minimi, che – invece – è posta a presidio di interessi superindividuali della collettività (e delle generazioni future).
L’inscindibilità della fattispecie, avversata dalla stazione appaltante e dagli aggiudicatari dei lotti, non è pertanto conseguenza di elementi formali (come in certo qual modo ritenuto anche dal primo giudice, allorché ha valorizzato la convenzione-quadro intesa come contratto unico), ma piuttosto del connotato sostanziale e funzionale della fattispecie medesima, e della relativa disciplina.
24.4. Ne consegue che nel caso di specie l’individuazione dell’atto amministrativo generale cui fare riferimento nell’ottica – sopra richiamata – della ricognizione degli effetti del giudicato non possa predicarsi attraverso una artificiosa scissione della legge di gara e delle sue peculiari vicende, in relazione ai segnalati profili.
Diversamente argomentando verrebbe alterato il delicato bilanciamento che l’ordinamento ha posto – nella disciplina della suddivisione in lotti – fra esigenze proconcorrenziali ed interesse pubblico sotteso alla commessa: e verrebbe vanificata la protezione normativa accordata alla primarietà – quanto meno sul piano eziologico – di quest’ultimo rispetto a quello relativo all’accesso delle imprese al mercato.
24.5. Solo come ulteriore indice normativo della fondatezza della superiore ricostruzione, va segnalato che art. 108, comma 12, del d. lgs. n. 36 del 2023, codificando un precedente orientamento giurisprudenziale, stabilisce ora che “Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente al provvedimento di aggiudicazione, tenendo anche conto dell’eventuale inversione procedimentale, non è rilevante ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte, eventualmente stabilita nei documenti di gara, e non produce conseguenze sui procedimenti relativi agli altri lotti della medesima gara”.
Il fatto che la regola della incomunicabilità degli effetti delle pronunce giurisdizionali fra i singoli lotti sia limitata – con particolare riguardo all’esigenza di evitare ricadute sul calcolo delle medie o della soglia di anomalia – alla disciplina dei “criteri di aggiudicazione”, è un argomento normativo che rafforza ab extrinseco – per le restanti fattispecie: id est per l’accertata illegittimità della legge di gara nella parte in cui determina l’oggetto ed il contenuto del contratto – la costruzione fin qui accolta nella presente sentenza.
Ciò in quanto, evidentemente, in assenza di tale disposizione – qui peraltro non direttamente applicabile ratione temporis e ratione materiae – sul piano sia della teoria generale che della disciplina normativa dei contratti pubblici si potrebbe o dovrebbe giungere a conclusioni opposte: se in materia di criteri di aggiudicazione non fosse stata dettata questa regola, per regola generale si sarebbe potuta – o dovuta – adottare la soluzione contraria.
- Ritiene il Collegio che le considerazioni fin qui svolte risultino complessivamente dirimenti nel senso dell’infondatezza degli appelli principali.
Ne consegue il carattere recessivo del tema della natura unitaria o non unitaria della gara suddivisa in lotti, con conseguente irrilevanza dei profili processuali connessi all’affermazione dell’unitarietà della procedura (in punto di necessità di estendere il contraddittorio anche alle imprese che hanno partecipato per gli altri lotti) tutte le volte che siano impugnati “segmenti comuni” della procedura: nel caso che qui occupa, invero, l’effetto “caducante” si è già prodotto in virtù della natura generale dell’atto impugnato e dell’effetto necessariamente erga omnes del suo annullamento.
La soluzione accolta rende poi del tutto pertinente il richiamo al concetto di “invalidità caducante”, dal momento che, una volta venuto meno il bando nella sua interezza quale atto amministrativo generale, ciò non può non comportare l’automatica caducazione anche degli atti consequenziali ancorché non impugnati, come sono quelli delle procedure relative agli altri lotti (in virtù proprio di quell’effetto caducatorio “verticale” che il T.A.R. ha ritenuto non conferente alla presente fattispecie).
Consegue altresì alla richiamata ricostruzione la non necessarietà del richiamo alla normativa europea in materia di contratti pubblici, atteso che la questione deve essere risolta – come sopra illustrato – in primo luogo in applicazione delle categorie elaborate, con riferimento al diritto interno, sia sul piano del diritto sostanziale (nozione di atto amministrativo generale) che su quello del diritto processuale (rilevanza nel giudizio dei sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto e di diritto): senza che peraltro tali categorie, e la relativa disciplina, si pongano in contrasto con alcuna norma o principio del diritto dell’U.E. (fermo restando comunque, quanto al secondo profilo, il principio di autonomia processuale degli Stati membri).
- Alla luce di quanto precede risulta altresì non rilevante, o comunque non decisivo, il richiamo al principio del legittimo affidamento, atteso che nella specie il sopravvenuto annullamento giurisdizionale del bando con effetto erga omnes rileva alla stregua di un factum principis, non diversamente da qualsiasi fatto storico che sopravvenga a modificare le condizioni di fatto e di diritto in modo da far venire meno una condizione dell’azione, afferendo dunque non già al merito dell’azione amministrativa (rispetto al quale sarebbe predicabile la necessità di tenere conto di un affidamento formatosi in capo ai soggetti interessati) bensì a un profilo processuale del quale il giudice può conoscere anche d’ufficio.
Risulta altresì carente di presupposti la domanda – inizialmente rivolta, come detto, al Presidente del Consiglio di Stato: e da questi rimessa alla valutazione del Collegio giudicante – di rimessione all’Adunanza plenaria, su cui insiste l’appellante principale: essendo la soluzione in esame tratta proprio da una piana applicazione dei princìpi della Plenaria e non ravvisandosi comunque – come già chiarito – alcun reale e rilevante contrasto di giurisprudenza in materia (non venendo in considerazione in senso contrario isolati precedenti relativi a fattispecie non esattamente sovrapponibili).
- Va ulteriormente osservato che nel caso in esame, ferma restando l’inconferenza del richiamo fatto dal primo giudice all’azione di accertamento, il giudizio ha ad oggetto l’annullamento del diniego opposto da – OMISSIS – a un’istanza, di esercizio del potere di autotutela o comunque di indizione di nuove gare, sicché si versa in sede di giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
Conseguentemente, il presente giudizio verte in merito all’erroneità e incoerenza della motivazione addotta nel provvedimento rispetto ai precedenti giudizi, senza che l’effetto conformativo della presente sentenza implichi prescrizioni alla stazione appaltante sui contenuti della eventuale riedizione del potere, o comunque sul seguito dell’attività relativa ai contratti stipulati o stipulandi.
Nondimeno, poiché l’accertata illegittimità conseguente alla mancata indicazione dei criteri ambientali minimi ha riguardo, come già osservato, alla violazione di norme poste a presidio di interessi superindividuali, va considerato che – fermo restando quanto sopra – la natura imperativa delle stesse rischia, in ipotesi di stipulazione conforme ai provvedimenti contestati, di riconnettere a tale violazione la conseguente forma di invalidità, ove detti contratti riproducano un contenuto negoziale affetto dal medesimo vizio accertato con efficacia di giudicato in relazione alla determinazione dell’oggetto della prestazione contrattuale come definito nella fase procedimentale dell’evidenza pubblica [nel senso che la logica del risultato “mira piuttosto ad una sollecita definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi (posto che lo stesso art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 36 del 2023 – ponendosi in linea di coerenza e continuità con risalenti ed autorevoli indicazioni teoriche – costruisce la nozione di risultato in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione ed esecuzione)”si veda la sentenza di questa Sezione n. 4701 del 2024].
- Rimane da esaminare l’ultimo motivo d’appello, con cui è reiterata la censura di violazione del diritto di difesa di – OMISSIS – e – OMISSIS -.
Tale motivo risulta anzitutto inammissibile, non avendo – OMISSIS – né legittimazione né interesse a lamentare un vizio processuale (lesione del diritto di difesa) che si sarebbe verificato non in proprio danno, ma in danno di altri soggetti, i quali semmai avrebbero dovuto a loro volta proporre appello a tutela delle proprie posizioni.
In ogni caso, il motivo è anche infondato, non essendo condivisibile l’avviso del T.A.R. che qualifica sic et simpliciter come controinteressate – OMISSIS – e – OMISSIS -, stante la loro partecipazione alle procedure relative ai lotti nn. 1 e 2 (la partecipazione per gli altri lotti, pure richiamata dal primo giudice, non rileva, trattandosi di distinti giudizi), per concludere che esse avrebbero potuto far valere i propri diritti – se del caso – mediante opposizione di terzo alle sentenze nn. 2795 e 2799 del 2023.
Anche sotto questo profilo il rigetto del mezzo comporta una diversa motivazione rispetto a quella ritenuta in primo grado.
Non sussistono infatti ad avviso del Collegio i presupposti per l’indicata qualificazione.
Per pacifica giurisprudenza nei giudizi di impugnazione di regolamenti e atti amministrativi generali, stante l’assenza di destinatari individuati, non sono configurabili posizioni di controinteresse: conseguentemente, – OMISSIS – e – OMISSIS – sono soggetti pregiudicati in via indiretta da un fatto storico, quale è l’intervenuto annullamento del bando, rispetto al quale possono al più agire nei confronti di – OMISSIS – (dinanzi al g.o.) in via risarcitoria per la lesione dell’affidamento riposto nella legittimità dell’azione amministrativa esitata in un provvedimento favorevole, secondo le note coordinate elaborate in materia dal giudice del riparto.
- Il rigetto degli appelli principali preclude l’esame dell’appello incidentale condizionato proposto dal – OMISSIS -, come pure della domanda di rinvio pregiudiziale proposta in via subordinata dalla stessa parte (e comunque – per le ragioni sopra rappresentate – carente di presupposti alla luce della soluzione adottata).
L’appello incidentale proposto da – OMISSIS – è invece fondato e come tale va accolto (in parte per le ragioni già indicate al precedente punto 15., e per la restante parte per quanto argomentato al precedente punto 21. in relazione alle citate sentenze della Plenaria nn. 4 e 5 del 2019), con parziale riforma della sentenza appellata e integrale accoglimento del ricorso di primo grado.
- Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, in ragione della peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, riuniti gli stessi, rigetta gli appelli principali ed accoglie l’appello incidentale proposto da – OMISSIS – nel giudizio n. 3334/2024, e per l’effetto conferma, con diversa motivazione, le sentenze impugnate.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Luca Di Raimondo, Consigliere
|
||
|
||
L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
|
Giovanni Tulumello |
Raffaele Greco |
|
|
||
|
||
|
||
|
||
|
IL SEGRETARIO